Ricordo di Antonio Piromalli

 

di Tommaso Scappaticci (Università di Cassino)
pronunciato il 13 luglio 2003 a Barcis (PN),
pubblicato in: Quaderni della vallata, n. 5 / 2004, Comune di Barcis

 

 

Ho accettato volentieri l'invito del dott. Leandro Malattia a commemorare il prof. Piromalli a Barcis, durante questa cerimonia di premiazione dei vincitori del premio "Malattia". Si tratta, infatti, di un'occasione particolare e per molti aspetti diversa dalle altre analoghe manifestazioni che, nel corso di questo ultimo mese, si sono già avute o si stanno ancora organizzando in varie parti d'Italia, come quelle tenute di recente a Roma e Cividale e l'altra voluta dalla Fondazione Seminara e programmata tra due giorni in Calabria. Un'occasione particolare, questa, perché al premio "Malattia", alla sua organizzazione e al suo successo, Piromalli ha dato un contributo decisivo, come vicepresidente e come membro autorevole e indubbiamente più ascoltato della giuria, e non ha mai nascosto il suo legame con questi luoghi e con questa iniziativa, tanto è vero che (come mi diceva il figlio, l'architetto Lanfranco, oggi qui presente), anche dopo la crisi cardiaca avuta nell'aprile del 1994, il suo primo pensiero fu di venire a Barcis, a partecipare alla cerimonia di premiazione. E, poi, negli anni passati eravamo abituati, in questo giorno, ad ascoltare le sue lezioni su aspetti della produzione di Giuseppe Malattia o su altre questioni letterarie, ed era quasi doveroso che si parlasse di lui la prima volta in cui non gli è stato possibile essere tra noi.

Poco più di un mese fa, il 7 giugno, Antonio Piromalli è morto a Polistena, una cittadina dell'entroterra calabrese, distante solo pochi chilometri dal paese, Maropati, dove era nato nel 1920 e dove adesso riposa, accanto al cugino e scrittore Fortunato Seminara, in un settore del cimitero denominato il "recinto della memoria", una sorta di sacrario riservato ai personaggi illustri. La sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto in quanti hanno avuto l'opportunità e la fortuna di conoscerlo, di collaborare con lui, di apprezzarne le doti di cultura e di umanità: un vuoto per il mondo della cultura e degli studi letterari, che avvertirà l'assenza dello studioso tanto infaticabile quanto restio ai giochi di potere, ma un vuoto anche personale e più doloroso per chi gli è stato vicino per tanti anni e, a volte, ha avuto anche il privilegio di ascoltare le sue confidenze.

Piromalli si era laureato all'Università di Messina con una tesi su Antonio Fogazzaro, un autore su cui, negli anni successivi, sarebbe spesso ritornato con monografie e saggi, fino a diventarne il maggiore esperto contemporaneo. E la tesi era stata presto pubblicata, primo di una serie così lunga di volumi che riuscirebbe difficile elencarli senza esporsi al rischio di dimenticarne qualcuno. È stato professore nei licei, provveditore agli studi, ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione, docente universitario. E, mentre scorrevano le tappe di una prestigiosa carriera professionale, i suoi studi e la sua instancabile operosità lo imponevano nel panorama della cultura nazionale, facendolo diventare socio di varie Accademie, membro e presidente di giurie di premi letterari, conferenziere richiestissimo e sempre pronto ad accettare inviti che gli consentissero di stimolare interessi, di avviare nuove conoscenze, di sollecitare iniziative, in una sorta di ininterrotto pellegrinaggio culturale che durava tutti i mesi dell'anno e coinvolgeva tutte le regioni della penisola.

Come ordinario di letteratura italiana ha insegnato in varie sedi universitarie, ma è indubbio che il suo nome resta legato soprattutto all'Università di Cassino, cui ha dato un contributo fondamentale sia nel momento della costituzione che nel diffonderne il nome e il prestigio a livello nazionale. E l'Università di Cassino non ha mancato di vedere in lui la figura più autorevole e culturalmente più qualificata, concedendogli onori e riconoscimenti che, prima di lui, non erano stati attribuiti a nessuno dei docenti di quell'Ateneo. Gli è stata riconosciuta la qualifica di professore emerito e, in occasione del suo settantesimo compleanno, sono stati pubblicati Studi in suo onore: un progetto che ha avuto una storia singolare, indicativa del rispetto e dell'ammirazione che circondavano Piromalli non solo nel luogo in cui insegnava. Si era programmato, infatti, di allestire un solo volume miscellaneo di Studi in suo onore, ma finirono per essere pubblicati ben tre ponderosi volumi, due dei quali di quasi settecento pagine, tanti furono gli amici, allievi, colleghi, ammiratori, non solo italiani ma anche di altre nazionalità, che vollero partecipare all'iniziativa e mandare un contributo.

E nell'Università Piromalli ha trasferito le sue straordinarie qualità di promotore e organizzatore culturale, allestendo convegni, seminari, conferenze di illustri italianisti e scrittori, che richiamavano un pubblico estremamente variegato di specialisti, studenti, semplici curiosi: tutti attratti da questa figura di docente che concepiva la sua professione come un servizio culturale, da offrire a quanti, anche al di fuori degli ambiti istituzionali, sentivano il bisogno di arricchire le proprie conoscenze. Doti organizzative che gli erano da tutti riconosciute e che lo portarono a curare e ad assumere la direzione di collane di studi letterari pubblicate con editori come Longo, D'Anna, Pellegrini, Ghigi, Brenner. Fino ad arrivare, nel 1999, alla fondazione della rivista "Letteratura & Società", che si è rapidamente affermata a livello nazionale grazie alla forza aggregante del direttore e all'originalità dell'impostazione che egli ha saputo darle: una rivista che, oltre a rifuggire dal linguaggio iniziatico spesso adottato dalla critica moderna e a mirare al compito essenziale di servire da intermediario fra il prodotto artistico e il lettore, si caratterizza per la stretta connessione istituita tra fenomeni letterari e problemi sociali e per lo spazio concesso a giovani studiosi che altrimenti avrebbero trovato difficoltà a pubblicare i loro lavori.

Con la generosità tipica del vero uomo di cultura, Piromalli si è sempre dimostrato pronto a stimolare e sostenere giovani, colleghi, esordienti, scrittori, purché dimostrassero onestà intellettuale e serietà nell'impegno critico o artistico (e innumerevoli sono gli articoli, le recensioni, le prefazioni a libri di prosa e di poesia, con cui ha imposto all'attenzione autori sconosciuti o ha suggerito una nuova chiave di lettura di testi già noti). È l'atteggiamento dello studioso che ha saputo affiancare l'indagine delle opere canoniche della nostra storia letteraria al ruolo di critico militante, impegnato a vivere nel suo tempo e a finalizzare le sue competenze anche a una selezione della produzione contemporanea. Una disponibilità che, però, non escludeva stroncature dure e impietose, quando si trattava di smascherare vanità e presunzioni di quanti non assolvevano i loro compiti o non rivelavano qualità adatte a un serio impegno letterario. E allora venivano alla luce la tensione e l'aggressività del polemista, il cui documento più significativo è certo costituito dalla rubrica delle Lettere vanitose, iniziata nel 1964 e continuata, sia pure con alcune interruzioni, fino alla morte: sono articoli corrosivi, taglienti, che prendono spunto da fatti occasionali per denunciare i mali vecchi e nuovi della repubblica delle lettere e, in genere, della società, attaccando sia l'oziosità dilettantesca di poeti estranei ai problemi concreti o poveri di seria ispirazione artistica, sia l'impreparazione di una classe dirigente priva di tensione etica e spesso incapace di capire e soddisfare le esigenze della collettività.

Piromalli è stato uno dei più autorevoli critici e storici della letteratura nella seconda metà del Novecento, e chi parla di lui non può esimersi dal compito di evidenziare almeno le direttive del suo metodo di lettura e i settori su cui ha soprattutto concentrato la sua attenzione di studioso. La sua prima formazione culturale era avvenuta in un periodo caratterizzato dalla prevalenza della lirica ermetica e della estetica neoidealistica, tendenze che incisero sui suoi iniziali interessi, ma da cui presto si distaccò, anche in conseguenza dell'esperienza della guerra mondiale e dell'esigenza di un antifascismo più pratico e militante di quello crociano. La sua è un'esperienza analoga a quella di tanti altri critici (da Petronio a Trombatore, da Sapegno a Salinari), che sono passati attraverso il crocianesimo e ne hanno assorbito la carica innovativa, ma si sono discostati dalle interpretazioni estremistiche dei crociani ortodossi e hanno avvertito i limiti di un criterio tendente a isolare la poesia dalla storia e dalla società. In Piromalli la lezione di Croce si congiunge presto a quella di Luigi Russo, di Gramsci, dei teorici della critica marxista, la cui lezione egli cerca di saldare con quella della tradizione del pensiero democratico e, in primo luogo, con De Sanctis.

Ne consegue l'approdo a una posizione di storicismo integrale, che restituisce il prodotto artistico al mondo dell'esperienza pratica, e al disimpegno formalista oppone una cultura disposta a impegnarsi nei problemi della realtà storica e della vita quotidiana. È, il suo, uno storicismo pervaso di impegno etico e civile, che si fonda su una concezione laica e problematica della vita e sulla ferma convinzione di una correlazione dialettica tra arte e società. Perciò le sue indagini partono sempre da accurate ricostruzioni delle condizioni storico-sociali, necessarie per capire il significato non solo estetico, ma anche politico dei prodotti letterari, sottraendoli così all'astratto empireo della poesia universale ed eterna e facendone momenti essenziali della dinamica storica. Di qui derivano le pazienti ricerche condotte negli archivi, che hanno consentito a Piromalli di far conoscere documenti rari o ignorati e di acquisire un'erudizione tanto vasta e minuziosa da meravigliare anche studiosi espertissimi, ma che sono sempre funzionali alla caratterizzazione e alla storicizzazione dei fenomeni letterari. La convinzione che all'arte occorre assegnare un valore non solo lirico, ma anche logico e intellettuale, lo orienta verso una critica attenta alla ricostruzione della poetica degli autori, della loro ideologia, dei rapporti con il potere e con il pubblico, e la storia delle nostre lettere è analizzata da un punto di vista democratico e progressista, evidenziando nei fatti della vita e della letteratura il senso di giustizia, la tensione alla verità, la serietà, il rigore morale.

È la connessione tra impegno letterario e impegno civile a costituire, mi sembra, il dato più rilevante della personalità di Piromalli. Perciò al critico letterario egli attribuisce una funzione ben diversa da quella di valutare l'opera sulla base del puro godimento estetico che da essa si ricava: l'attività critica è da lui intesa come un'operazione non sganciata dai problemi della vita quotidiana, ma volta anche, attraverso lo specifico dell'indagine letteraria, a impegnarsi nella realtà della storia e della società, per sollecitare reazioni morali, civili, politiche, che vadano al di là dell'interesse puramente estetico. Non si tratta, insomma, dice Piromalli, di chiudersi nell’ hortus conclusus della letteratura, magari giustificando la propria "assenza" con il pretesto di non voler contaminare la purezza dell'arte, ma occorre sfruttare le proprie specifiche competenze per partecipare alla vita di tutti, per dare il proprio contributo, qualunque esso sia, a una migliore conoscenza e a una eventuale trasformazione della realtà.

Al centro degli interessi di Piromalli vi è il problema del ruolo svolto dagli intellettuali, un'indagine che non ha trascurato nessun secolo della nostra letteratura, ma si è orientata di preferenza verso epoche di più fitto intrico storico-ideologico, in cui maggiormente si registra la compresenza di gusti e tendenze contrastanti e, quindi, si richiede una maggiore scaltrezza critica nell'individuare i diversi atteggiamenti degli autori. Di qui la sua attenzione alla cultura del secondo Settecento, che gli appare caratterizzata dalla dialettica tradizione-innovazione ed è studiata, oltre che in numerosi altri saggi, soprattutto nei volumi dedicati ad Aurelio Bertola e a Giuseppe Parini: il primo visto nella prospettiva di ambienti salottieri ancora legati ai modi dell'Arcadia, ma anche disponibili a recepire motivi della nuova sensibilità illuministica e preromantica europea; il secondo studiato in una evoluzione che culmina nella sintesi di sentimento del bello ed esigenza morale e ha il suo momento centrale nell'incontro con il sensismo. E, ancor più dell'età dell'illuminismo, lo attira la crisi storico-culturale di fine '800 - inizio '900, per la necessità di chiarire la posizione di autori che oscillano fra una lucida e drammatica coscienza razionale e il vagheggiamento di miti capaci di esorcizzare il disorientamento spirituale dell'epoca. Da Carlo Michelstaedter a Grazia Deledda, da Gozzano a Pascoli, da Fogazzaro a Carducci: è un susseguirsi di monografie in cui, accanto alla dimensione più propriamente letteraria, lo storicismo di Piromalli coglie le linee dell'evoluzione complessiva della società e della cultura.

A questo filone incentrato sul ruolo degli intellettuali si è presto affiancata una direttiva di indagine che, per quanto in parte diversa, rimaneva fedele all'impegno a recuperare anche il senso storico-ideologico dei fenomeni letterari. Mi riferisco all'attenzione alle culture regionali, considerate dal critico non come sinonimo di inferiorità e limitatezza di orizzonti, ma come espressione di specificità che, senza isolarsi, si distinguono dalla cultura nazionale. Studiare le culture regionali significa, per Piromalli, assicurare una base storicamente più concreta al lavoro critico (in considerazione del secolare policentrismo della nostra letteratura), ma significa anche recuperare e valorizzare il patrimonio culturale e artistico di regioni che, soprattutto nel Mezzogiorno, costituivano ancora un territorio quasi inesplorato. E non è certo un caso se, pur non escludendo corpose sortite in altre aree culturali della penisola (la Sicilia di Nino Pino, la Basilicata di Pierro, il Friuli di Malattia, ecc.), la sua attenzione si è indirizzata soprattutto alle due regioni, la Calabria e l'Emilia-Romagna, a cui maggiormente sono legate le sue esperienze di vita e la maturazione dei suoi interessi umani e culturali.

Da un lato, dunque, la sua terra d'origine, la Calabria, fatta oggetto di una lunga e quasi ininterrotta serie di saggi che ne hanno ricostruito aspetti, caratteri, problemi, sottraendo all'oblio figure anche marginali della letteratura passata e recente. Saggi sempre proiettati nel quadro di una stretta connessione tra impegno civile e impegno letterario, per cui lo studio della cultura calabrese è costantemente correlato all'esigenza di cogliere e denunciare i mali antichi e attuali della regione, con un impegno conoscitivo che lo tiene al riparo da vagheggiamenti nostalgici e da sopravalutazioni ispirate a un malinteso amore municipalistico della patria regionale. Contrario a ogni forma di enfasi e di idealizzazione, Piromalli rigetta pseudoconcetti estetizzanti come quelli della "calabresità" e "romagnolità", cui contrappone l'esigenza, nella vita civile come nell'attività critica, di guardare alla concretezza dei problemi, alle condizioni di vita del popolo, al legame cultura-società. A singoli autori e tendenze della cultura calabrese sono dedicati studi e monografie, come quelle su Fortunato Seminara e Lorenzo Calogero, ma il testo più significativo di questo versante "regionale" del suo impegno critico rimane La letteratura calabrese ( pubblicata nel 1965, ma rivista e riproposta più volte), la prima storia organica delle forme letterarie elaborate nella regione dai tempi di Cassiodoro fino ai nostri giorni: una storia della letteratura, ma che tende a risolversi in storia della cultura e della società calabrese e che presto è diventata un obbligato punto di riferimento e strumento indispensabile di consultazione e di ricerca per quanti si sono occupati della Calabria non solo dal punto di vista artistico.

Oltre che sulla sua terra d'origine, l'attenzione del critico si è soffermata con particolare insistenza su quella che, per venticinque anni, è stata la sua terra di adozione. Una regione, l'Emilia-Romagna, a cui rimandano i contributi su Ariosto, Bertola, Innocenzo Frugoni, Panzini, Beltramelli, la cultura malatestiana, distribuiti lungo un itinerario che culmina, nel 1981, con La storia della cultura a Rimini nell'Ottocento, ma che era iniziato nel 1953 con un volume, La cultura a Ferrara al tempo di Ludovico Ariosto, che fece molto scalpore ai suoi tempi e attirò l'attenzione di vasti settori della critica accademica. Piromalli vi evidenziava le basi classiste della politica sociale e culturale degli Estensi, fondandosi su una accurata ricostruzione storico-documentaria per dissolvere il mito rinascimentale dell'armonia della vita ferrarese delineato da Burckhardt e confermato dalla critica positivistica e idealistica. L'analisi di diari e cronache del tempo, invece, rivelava le contraddizioni di una società in cui, sotto la cornice di lusso ed eleganza, esisteva una diffusa condizione di miseria e di disagio popolare, determinata proprio dalla politica di magnificenza propagandistica e di espansione territoriale dei signori di Ferrara. E non pochi furono i dissensi da parte di quanti, ancora legati a un criterio di lettura attento ai puri valori dell'arte, rimasero sconcertati di fronte a un metodo che, gramscianamente, stabiliva una connessione tra fenomeni culturali e strutture socio-economiche.

E, accanto agli studi sul ruolo degli intellettuali e sulle culture regionali, va ricordato l'interesse di Piromalli per le forme letterarie alternative, anche queste orientate in una duplice direzione. Da un lato gli studi sulla letteratura popolare, in cui il critico cerca il riflettersi di bisogni e aspirazioni dei ceti inferiori e vede nel dialetto uno strumento di conoscenza della vita del popolo e l'espressione di una concezione spesso alternativa a quella ufficiale. Ne sono derivate inattese "scoperte" letterarie e stimolanti interpretazioni di scrittori (come Vincenzo Ammirà, Giustiniano Villa, Pasquale Creazzo, Pietro Rossi, ecc.), studiati da Piromalli in una prospettiva interdisciplinare (utilizzando, cioè, anche i contributi del folklore, della sociologia, dell'antropologia culturale) e assunti a esemplificare un tipo di letteratura che, di fronte alla cultura popolare, si pone con l'atteggiamento di chi ne condivide le convinzioni e non con la superiorità di chi appartiene a un mondo diverso o ne utilizza motivi e moduli espressivi solo con intenti di raffinato sperimentalismo.

Dall'altro vi è stata l'attenzione alla narrativa di consumo, che ha visto Piromalli affiancarsi a Petronio nel recupero critico di quel genere "triviale" tradizionalmente ignorato dalla storiografia ufficiale. Oggi questo settore degli studi letterari ha registrato uno straordinario sviluppo e annovera una ricchissima bibliografia di saggi teorici e di indagini specifiche, attirando la curiosità del mondo accademico e della critica militante per la sua stretta connessione con la società di massa. Ma allora la cosiddetta "paraletteratura" era soggetta all'ostracismo di chi, distinguendola nettamente dalla "vera" letteratura, la riteneva indegna di seria attenzione critica e adatta solo a palati grossolani, ed erano pochi gli studiosi anticonformisti che ne rivendicavano la funzionalità sociale e la dignità artistica. Fra questi, appunto, si inseriva Piromalli, con i suoi studi su Salgari, su Garibaldi autore di romanzi storici e, soprattutto, con il volume su Guido Da Verona (1976), uno dei documenti più significativi e metodologicamente rigorosi del revival del romanzo di consumo. Caso letterario e insieme fenomeno di costume, Guido Da Verona è visto sullo sfondo della belle époque, di cui riprende i miti e i motivi culturali più diffusi, soprattutto dannunziani, per adeguarli ai gusti di una piccola borghesia attratta da figure di gaudenti viveurs e dal liricizzante estetismo di una vita vissuta all'insegna dell'eccentricità e della trasgressione.

Ed esponenti della cultura popolare e della narrativa di consumo sono stati inseriti da Piromalli nella sua Storia della letteratura italiana (1987), nella consapevolezza che una storia letteraria che aspiri a essere "veramente integrale" deve prendere in considerazione tutte le forme dell'attività letteraria e non limitarsi a quelle canoniche ed elitarie. È un manuale che nasce dal continuo contatto con il mondo della scuola e utilizza le risultanze delle indagini specifiche condotte in tanti anni di fervido lavoro. La letteratura vi è intesa come attività umana, come realtà storica e sociale, e i suoi protagonisti sono portatori di specifiche istanze conoscitive, che hanno tradotto in arte una visione storicamente organica della realtà.

Ho ritenuto giusto parlare diffusamente del critico e dello storico della letteratura, dato il ruolo svolto in questo campo da Piromalli nell'ultimo cinquantennio, ma, prima di chiudere, si devono almeno ricordare altri versanti della sua operosità, comela produzione poetica e l'attività di conferenziere: la prima caratterizzata da un singolare equilibrio di essenzialità stilistica e di ricco substrato culturale, in cui l'autore cala sentimenti, esperienze di vita, tensione etica e civile; la seconda apprezzata dovunque per le straordinarie capacità comunicative che riuscivano a interessare anche l'ascoltatore più distratto e sapevano rendere chiare le questioni più complesse. In un articolo di recente apparso sulla "Gazzetta del Sud", Turi Vasile diceva di non piangere tanto per la sorte dell'amico scomparso, ma di piangere piuttosto per sé, per quello che lui, Vasile, aveva perduto, in quanto non avrebbe più avuto la possibilità di ascoltare la voce di Piromalli e di apprendere sempre qualcosa dalle sue conversazioni.

È un sentimento condiviso da molti, da quanti, pur avendo il conforto dei suoi libri e la lezione del suo metodo di ricerca, hanno visto nella morte di Antonio Piromalli non solo la scomparsa di un grande critico e storico della letteratura, ma anche la perdita di un amico, di un uomo buono e generoso, di un maestro di vita e di cultura.

Tommaso Scappaticci

 

 

 

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