La poesia

Alcuni commenti critici (fino al 1995):

II mondo di Piromalli è un mondo musicale ed elegiaco percorso da un brivido di tristezza, in cui domina una figura senza volto e senza nome, la protagonista delle liriche Serale (...) Nelle liriche più pure i tratti fisici scompaiono, rimane una identificazione musicale del tono poetico con il paesaggio e la protagonista vive dentro un alone di dolente poesia.

RAOUL MARIA DE ANGELIS (1945)

 

Il Piromalli ha una tavolozza in cui cento colori si sono avvicinati, fusi, svariati in toni di penombra, dorati o smorzati: in lui la malinconia non è un accento predominante, ma una tecnica di variazioni: una legge musicale di sviluppo e di contrappunto.

EMILIA PIGNATO (1945)

 

Piromalli ha luminosamente dimostrato di meritare un posto di rilievo nella giovane poesia italiana (...) Quel vero poeta che si chiama Ugo Betti ha definito con estrema finezza, facendosene presentatore, l'arte del Piromalli.

ALDO CAPASSO (1948)

 

È dovunque un sospiro, un mistero, un incanto assai melodioso. Intendo non tanto e non solo la melodiosità del metro, ma qualche cosa di più intimo che volge (e un po' sfoca) in musica. Ogni sentimento, ogni pensiero, li solleva, li fa gentilmente pensierosi.

UGO BETTI (1945)

 

La vocazione di Antonio Piromalli tende verso i rilievo al margine di un diario, verso un'attenzione rivolta a persone, episodi, ambienti, o a particolari condizioni psicologiche, la quale tende a ricavare, da ognuno dei motivi che la destano, la ragione di un canto di cui si può sottolineare certo insistere compiaciuto.

ROSARIO ASSUNTO (1948)

 

Uno dei motivi più vitali di questa raccolta è il senso dell'avvenenza e della leggiadria femminile, attestato fin quasi da principio dalla lirica che si intitola Volti di adolescenti: anche essi profondamente incarnati nel paesaggio, nel palpitante vivo mondo vegetale che li attornia.

BORTOLO PENTO (1949)

 

La personalità poetica di Piromalli ha una sua via: nella presenza costante delle giovanili aperture o speranze, con i trasalimenti verbali, i movimenti musicali variati, le immagini aperte, le analogie piane che, in termini tecnici, non esaltano la cosa nel simbolo, ma procedono per richiami paralleli, scoperti. È questo l'ultimo procedimento classico, universale della vicenda privata del poeta. Ed ecco Montale e l'altro-da-Montale nella chiusa di Cinzia. (E.M., 1961)
.. Sei tu il bolero è la vicenda in negativo, perdite e dolori, di un passato che riaffiora e vuole essere fermato per sempre, anzi inciso nel verso, cioè nel linguaggio necessario e assoluto della poesia. Si afferma in questi ultimi componimenti la struttura metrica composita, la ripresa della canzone classica, per esempio, al limite, leopardiana (quale sete di conversazione colloquiale e confidenziale filtrata dallo straniamento metrico e lessicale!), ovviamente rielaborata attraverso le più aeree lezioni dell'avanguardia storica novecentesca.

ETTORE MAZZALI (1993)

 

Mitologismo postermetico che ha le sue radici specie in Rilke e in Stefan George, e che fu sfruttato in modo suggestivo specie dal primo Luzi: mitologismo che nel Piromalli s'impronta di una speciale grazia neoclassica, e finisce per trascrivere più che suggestioni lato sensu, con tutto il sontuoso inventario ambientale inerente, dei rapidi e delicati profili, o meglio, delle ombreggiature di sentimenti a fior di penna.

FERRUCCIO ULIVI (1961)

 

In Versi per ragazza giuliana notiamo il tentativo di separazione della dimensione individuale da quella universale. Avviene uno spostamento dalla sfera autobiografica e soggettiva a una formata da simboli oggettivi, da figure, nei quali il poeta identifica se stesso e gli altri (...) Risaltano la frammentarietà degli eventi, la storia che nulla modifica e l'orgia di parole inutili (...) una riflessione che esprime crisi di ideologie e di modelli politici, sociali e culturali.

LORELEY ROSITA BORRUTO (1990)

 

Scontato l'altissimo filologismo di Piromalli e il gusto stilistico-grammaticale che talora lo porta (in Sei tu il bolero) a un ripiegamento prosastico, pur di grande effetto comunque, nell'organico dell'atmosfera poematica (di Tropico, Ninna-nanna, Parole), tale formula di scavo moderno in incisivo linguaggio impreziosisce il clima espressivo e il simbolo memoriale delle altre poesie (...) Una poesia che sta nel quadro della contemporaneità come una delle cime più alte.

RENZO FRATTAROLO (1993)

 

L'amore non è mai cantato nel momento eccitante dell'emozione o del suo manifestarsi, ma viene sempre o quasi rappresentato quando già svanito o sepolto, si è fatto ricordo, memoria (...) Un itinerario della memoria lungo i cui spazi si inseguono i "rivi della luce" cui "aggrapparsi" come fa Maria, questo splendido personaggio strappato alla tenebra e alla morte dalla suggestione della parola del poeta, indimenticabile Maria che emergendo dalla nuvola impenetrabile del tempo non è morta ma è più viva che mai: "Tu non sei morta né io ti ho sepolta" la ricorda il poeta con un sussulto di emozione.

LUCIANO MESSINA (1995)

 

Ottobre in Romagna (1990): vi trema dentro i versi un attimo indicibile di transfert panico, una lama affilata e tagliente sembra passare a slancio fecondante della vicenda personale per attestarsi a lucore d'infinito, ad ansia cosmica che trascolora in una freschezza descrittiva i riferimenti pregnanti dello scenario lirico.

NINNJ DI STEFANO BUSA' (1993)

 

Le "arcate d'oro", i "chiostri di limoni" riescono ad essere la sublimazione fantastica del vissuto, i vessilli del doloroso vivere e sopravvivere all'estasi dell'amore, in mezzo alla vita che scorre, ai treni che partono, alle ciminiere che fumano, alla guerra, ai nostri contadini in rivolta, alle mostrine della divisa di un poeta-soldato, cui s'impiglia per onirica tensione il tempo suggestivo e più bello d'una storia intima destinata a non più ripetersi.

GENNARO MERCOGLIANO (1992)

 

Non è certo casuale l'accostamento tra scrittura poetica e ambiente, atmosfere ed echi culturali delle diverse città in cui egli ha vissuto: Messina, Livorno, Ferrara, Rimini, Bologna, Caracas, ampliando i riferimenti di stile e di linguaggio, confrontando influenze ermetiche di base con elementi gnoseologici ed etnici, verificando sempre le scelte espressive con i paesaggi umani culturali e psicologici, svolgendo misure etico-estetiche in forme poetiche più vicine ad interpretare il disagio, l'inappartenenza degli ultimi decenni di storia sociale e collettiva nei suoi risvolti individuali e privati.

PINO CORBO (1992)

 

Il fieri ora come foglie, ora come imponderabile, ora come lampo, ora come cenere volatizzantesi, è sostanza melica. L'annotazione degli anni - quasi ad essere trattenuti per un istante ancora - è arcata melica.

PAOLO BROUSSARD (1992)

 

Si conferma la sintonia con tutto un Novecento italiano in cui la poesia, pur nella disperazione di un "no" presentito e poi sgranato sul vivere, ha tentato il varco e l'apertura: gli esiti sono confluiti nella riproposta dell'essenza leopardiana - con le varianti del caso, spesso attraverso Pascoli o certo crepuscolarismo; l'esistenza si è rivelata ancora una volta, e per Antonio Piromalli, frutto di quel nucleo: "Questo tempo è inutile, ormai, - fasciato da strisce opache, -lei è morta, è morta: - la trasparenza è nel ricordo - colore di fragole - vicino a un ponte, - nel suo verde passo - che apriva arcate d'oro. - Ma è tutto remoto da vita".

MARIA LENTI (1992)

 

Dalla poetica della parola si passa alla poetica dell'uomo. Gli avvenimenti incalzano e il poeta non può sottrarsi all'ansia postermetica del dire, si fa "civile", "impegnato", come l'ultimo Quasimodo, come Neruda. L'ultima sezione del Bolero si chiude con un'invettiva che tanto ricorda, per la commistione di ironia e drammaticità, il nerudiano Incitamento al nixonicidio e che è dedicata alla guerra del Golfo.

ANTONIO CATÀLFAMO (1992)

 

La Calabria e la Romagna sono al centro della raffinata scrittura che si sofferma ad analizzare i ritmi del cuore e a trasformare paesaggi naturali e figure umane in verità tangibili o in sogni di bellezza. L'originale "canzoniere" svolge non solo il tema dell'amore per donne affascinanti, investite dalla "ruota del tempo", diventate emblemi di metafisiche assenze, ma soprattutto problematiche vitali, nutrite di ebbrezze e di insegnamenti.

VINCENZO NAPOLILLO (1992)

 

Nell'ultimo tratto dell'itinerario poetico di Antonio Piromalli nel Bolero la voce si alza nel concetto più problematico, senza retorica, senza abbandoni, senza querimonie: Piromalli appartiene ad una generazione che non è disposta a concedere nulla alle pie illusioni né all'enfasi dei moralisti tesi alla "scoperta del sacro" né ad uno sperimentalismo fine a se stesso. Un esempio, quello di Antonio Piromalli, che non è molto frequente nel nostro Novecento.

GIACINTO DI STEFANO (1993)

 

Le due ultime poesie, Sei tu il bolero, eponima del libro, e Blood for oil, sembrano indicare un più vivo interesse per ciò che accade quotidianamente sulla grande scena del mondo, una più accentuata presa di posizione etica di fronte agli errori e agli orrori della storia. Ma quello che maggiormente preme di rilevare è la ricchezza d'ispirazione e l'alta cifra stilistica delle recenti composizioni, che aprono -si spera - una nuova e fruttuosa stagione della poesia di Piromalli.

GUIDO ZAVANONE (1993)

 

L'ultima sezione Sei tu il bolero rivela più chiaramente la predilezione per una scrittura più serrata ed essenziale per cui il lirismo acquista maggior vigore specie quando si scontra con l'odierna condizione umana, caratterizzata dal disimpegno delle coscienze e della crisi delle ideologie.

CRISTANZIANO SERRICCHIO (1993)

 

La poesia di Piromalli nasce da una esigenza profonda di cogliere interni percorsi dell'anima illuminati da memorie perdute. Ecco perché ha, come sottofondo o alveo, una asciuttezza di scrittura che indica l'angoscia di composizione tutta risolta nell'essenzialità.

GIUSEPPE BONAVIRI (1994)

 

II libro si chiude ancora con una donna: Canzonette per Anna dove il discorso a volte si fa prosa come una fuga musicale che aspira al silenzio come sintesi della più concentrata assolutezza della parola, anche se altre volte si articola in una danza di sillabe infuocate dalla fantasia. Così la produzione di oggi, che parte dal 1988, ha la freschezza di ieri, anni Quaranta, dando anche spazio alla storia con uno sguardo perfino alla guerra del Golfo.

ROSA BERTI SABBIETI (1992)

 

Contenuti dell'attualità in Il cordame che stride: il ritmo innaturale del sistema di vita della società odierna che influisce anche sul mondo segreto dei sentimenti e degli ideali diviene ritmo poetico più contenuto; i versi hanno toni amari; anche le donne che si presentano in queste composizioni, pur nella loro avvenenza e sincerità, mostrano il volto mutevole e, in fondo, deludente della cultura dell'effimero. Ogni donna evocata è vista con occhi disincantati e la voce del poeta esprime un raffrenato dolore per l'impossibilità di vivere la verità e la durata di un rapporto interpersonale. La vita per il poeta è "un mare che non ha riva". Nessun approdo, nessuna riva di salvezza.

RINA PANDOLFO (1993)

 

In Canzonette per Anna il poeta esprime un modo nuovo di recepire la realtà e lo esterna formalmente un classicismo moderno che lo riaccosta al Catullo delle Nugae: "Atomi di delicato amore - esalano dai giardini, - la pioggia che irrompe scompone - il tuo viso tra i violini", "Tu succhi steli di fiori amarissimi - e nel nulla che ti attornia fa naufragio - il rosso oceano dei tuoi capelli".

ALBAROSA SISCA (1993)

 

Bisognerà scorrere le ultimissime poesie per cogliere l'aria nuova che circola nei versi, fermarsi su certe atmosfere dei nostri giorni registrate con convinta partecipazione sociale per affermare che la lezione umana di Antonio Piromalli è una lezione di vita oltre che di poetica: "E vennero i passi veloci del ricompattato delirio", e, infine, "della pietà per il furore - e di tante, tante altre pietà - unte con la morchia del petrolio".

EUGENIO NASTASI (1993)

 

Le figure che ne risultano - sempre analogicamente espresse in forme floreali - hanno il colore del tempo che passa, delle stagioni della vita, dei sentimenti che l'attraversano nella realtà e nella memoria intenerita, insomma il colore di quel "grumo antico" che è la vita stessa nel suo risvolto "amaro e forte" come i versi del poeta.

ANGELO MUNDULA (1994)

 

Attento ai problemi della società e dell'individuo Antonio Piromalli realizza un'opera originale per contenuto e per forme. Costruisce un "canzoniere" fortemente unitario, che trova il supremo archetipo in quello petrarchesco, non solo per l'impasto linguistico, ma per la presenza lievitante degli eventi, dei quali il poeta-protagonista si sente parte non effimera.

PASQUALE TUSCANO (1992)

 

II momento di più sicuro equilibrio e di più valida rappresentazione ritroviamo nella Lettera a Neda. Sullo sfondo di Londra e del cimitero di Brompton svaga in primo piano lo spettro di Neda, a volta a volta come iride o come turbine, come presenza imprendibile o come carnale memoria d'irripetibile istante di sublime esistenza vissuta (...) Un vertice esiste, intermittente o sottile o brumoso o selvoso, di caratteristica struttura: come è qui, nella pagina di Neda.

GIUSEPPE LOGROSCINO (1991)

 

Studioso espertissimo con sereno acume di tutte le esperienze artistiche moderne e che ha goduto e tesaurizzato il fascino del simbolismo, del più serio ermetismo Piromalli ha sviluppato coerente una sua originalità di scrittura creativa la quale sa svolgersi in varietà di suoni che giunge dalla carezza melodica a un fuori metrica, al passo di prosa ritmata, a seconda dei pensieri e dei sentimenti, essere a volta a volta levigata e scabra, effusa e contratta, vivace e pacata, trasfigurante e fotografica.

ALBERTO MARIO MORICONI (1992)

 

È un maestro della metrica, il suo endecasillabo è tra i più sicuri della poesia contemporanea (come nella bellissima Lettera a Neda), il poemetto è insieme canto e racconto (come in Eliana e Versi per ragazza giuliana). C'è una grande forza evocativa (mirabile l'uso suggestivo del nome proprio), un eros tutto tradotto in figure, bilanciato tra gioia e rimpianto.

ANGELO JACOMUZZI (1991)

 

II Bolero è la cospicua raccolta di uno dei critici letterari più attivi del nostro Novecento, nonché bilancio in poesia di una vita intellettuale tra le più fervide. Dall'ermetismo al simbolismo fino a un neo­classicismo e realismo in cui la bellezza della parola mutua in verità della realtà, l'autore percorre con misura esemplare l'accidentato territorio della poesia fatta strumento assoluto di conoscenza.

STEFANO LANUZZA (1991)

 

Sono liriche di una vivezza e incisività assolutamente inaspettate nel panorama della poesia contemporanea. Danno palpito alla realtà come Pasolini, come Ungaretti, con tocchi di lirismo alti, filtranti da strutture culturali meditate e da esperienze e scelte di vita impegnate e di lunga lena. L'invenzione linguistica ("l'uligine") o lo stilema ("o sorrisi di prati e di marine!") obbediscono all'empito contro -forse - una tendenziale preclusione razionalistica della mente.

CORRADO CALABRÒ (1991)

 

Vera la sottile analisi di Ugo Betti e più convincente l'accenno a Rilke; in certi versi Piromalli è più nordico che mediterraneo. Fa anche presa un certo linguaggio rurale-marinaresco: muglia, gromma, uligine, bruma, bacchiare, cavedagna, randa, sgamollo, fumea, botro. Le mie preferenze vanno dal Cordame che stride alle ultime poesie e credo che raccolga la vera vis poetica Sei tu il bolero, la più emblematica e la più bella del libro.

BIAGIA MARNITI (1992)

 

L'autore di questo libro è uno che si è formato letterariamente in un tempo in cui il linguaggio, e massimamente quello poetico, era un patrimonio prezioso da acquisire e serbare con gelosa cura (...) L'ultima poesia del libro è in sintonia perfetta con certa mia ira critica avverso un sistema-mercato brutale e ipocrita, ormai davvero mondiale.

ANDREA RIVIER (1992)

 

In Piromalli la vita si è sostanziata della sua voce e l'espressione ha attinto dalla vita medesima. Il colore dei versi non ha subito mutamento sostanziale col passar del tempo. Egli ha conservato una omogeneità assai forte e alla base di tale atteggiamento conforme c'è l'endecasillabo che il poeta padroneggia da vero signore del verso (molto belli sono quelli di L'alga del sorriso). Risuonano anche certe espressioni colte nelle prose, che serbano sublimate dalla poesia: compito di critico-poeta che gli appartiene in modo singolare.

GIACINTO SPAGNOLETTI (1991)

 

Nel silenzio dei morti, nel ricordo di odori consueti e di fantasmi amati, Piromalli trova echi di partenze e sere lontane, i sorrisi delle ragazze e i distacchi, il vento del Sud che passa i mari; tra fichidindia e aranci, giardini e canneti, traghetti e ritorni, carnevali tristi, cerca se stesso e la felicità "nocciolo che schizzi - lontano dalla mano che ti stringe".

ELENA MILESI (1991)

 

Inconfondibile poeta il Piromalli: ho letto almeno dieci volte L'alga del sorriso in cui il poeta ha toccato il massimo della condizione estetica e del bello ed è riuscito ad enucleare un particolare nell'universale.

RAFFAELE AVERSA (1991)

 

“Batte” qui un cuore raffinatissimo e sensibile, che sa dire sapientemente. Sono stupito che da un rigoroso, sistematico e razionalissimo critico siano stati creati versi così immaginosi e "sentimentali", anche se classicamente equilibrati e fecondati da influenze letterarie (non conoscevo la precedente attività poetica).

NEURO BONIFAZI (1991)

 

Ora mi avvedo che non mi ero accorto del Piromalli poeta, di tutta una originalissima, alta attività artistica, risalente ai tempi in cui eravamo entrambi giovani e proseguita fino ad oggi.

SEBASTIANO TIMPANARO (1991)

 

Le poesie del Bolero mi suggeriscono un'immagine: del pastore che sale sulla montagna e man mano col legno che trova intaglia le sue figure; prima in un legno tenero e abbondante, poi in schegge di arbusti e cespugli che non vogliono sfaldarsi sotto il coltello e poi d'improvviso si fendono, secondo spigoli impensati, e rivelano groppi e grovigli come tagli di onice, fluidi allo sguardo come giochi delicati di nuvole.

FEDELE MASTROSCUSA (1991)

 

Nei versi si riflette una vita intessuta di passione, che ripetutamente ha come astro dominante una figura di donna che dà gioia e tormento amaro, come nelle recentissime Canzonette per Anna dove il dramma assurge a toni molto alti (...) trovano a volte spazio aneliti di misura universale, come nella lirica che dà il titolo al libro (Sei tu il bolero), nella quale l'indignazione per la guerra del Golfo entra come contrappunto in un intreccio denso di pathos.

EMILIA MIRMINA (1992)

 

II Bolero è un libro che mi ha vivamente toccato per il suo valore e per il potere di evocazione che ha avuto su di me. Certo, allora le parole contavano e non erano pretesti. Ci sono nel libro pagine creativissime.

MARIO LUZI (1991)

 

Ho letto le pagine del Bolero con gusto e interesse per l'aria di famiglia dei nostri grandi poeti del Novecento; al centro è una creatura d'amore varia e costante, quotidiana e astrale, viva e sortita dai millenni, estinta e solare, sincrona con la nostra natura e paesaggio. La matrice dell'Alcyone si coniuga con la foscoliana e quasimodiana nel giusto temperamento musicale endecasillabico e pentasillabico.

ORESTE MACRÌ (1991)

 

C'è una composizione (dell'assenza) che, proprio in virtù di una risentita moralità, tracimando e bruciando gli stessi detriti classicistici, ripercorre le vie di quella "persuasione assoluta" (di Michelstaedter) attraverso un costante, congeniale, inverso procedimento, anzi una duplice, tipica ipostasi: del recupero e della nobilitazione delle cose, gli oggetti, i fiori, le piante, gli animali, i luoghi, i paesi, i paesaggi, le persone, le figure femminili. Queste (Elisa, Cinzia, Eliana, Neda, Anna) bloccate in un fregio della memoria e della riflessione o riscattate tramite un processo di dilatazione / sublimazione nella natura. (V.P. 1993)
..Se dovessi usare una categoria pittorica per alludere al nucleo profondo e alla dinamica interna, genetica ed espressiva, di questa lirica, direi che il suo linguaggio metaforico (e quindi il mondo fantastico del poeta) ribadisce alternativamente l'antinomia, vitale e costante, tra l'ipostasi della luce e il suo oscurarsi, una grande metafora ontologica, cioè, lacerata, drammaticamente, tra "essenza" e "casuale esistenza".

VINCENZO PALADINO (1994)

 

Questo più recente libro è ricco di tutte le gamme e le nuances del sentire, dai raffinatissimi "occhi di pietra azzurra" di Luce d'oro agli "erratici, statici (...)- vene d'oro della inesauribile storia" di Amici. Per non dire degli "spettri blasonati"; avverso i quali sono così coinvolto. Mai forse più che nel presente italiano la poesia fu "Resistenza".

ROMANO ROMANI (1993)

 

Piromalli è un poeta scomodo, come chiunque viaggi lontano dalle rotte battute delle voci dominanti.
(..) Questo è il luogo della poesia, che tra canto ed incanto affonda nell'elemento individuale e collettivo per esplodere come denuncia dei malori metastorici dell'uomo, quale entità singola e quale regista, attore, protagonista, infine, del destino universale.

NINO FAUSTI

 

Ti estraggo dai tifoni è pervaso da una malinconia cocente ma non disperata, un affiorare di ricordi e di stati d'animo divenuti sostanza di sé, una presa d'atto dell'assurdità dell'esistenza, consolata dalla luce d'oro di presenze femminili, connotata da accensioni di colori (la sottoveste rossa, il parasole rosso, cerchi colorati imposti sulla veste), di forme sensuali, di presenze perdute, su uno sfondo storico ed epocale di amarezze e delusioni. Fa riparo il sentimento di amicizia fondato su scelta di vita autentica (amici rari, minoritari, corrosi dal malore civile, con l'utopia nella vene, caparbi, emarginati, perseguitati. ..).

MARIA ROSARIA LUONGO (1994)

 

A partire dalla fine degli anni Ottanta, pur restando fedele alla sua poetica, Piromalli affina gli strumenti espressivi, snellisce le immagini, corrobora di maggiore intensità visionaria la sua poesia che si fa anche più carica di evocazioni, come se un dolore antico si fosse attaccato ad ogni parola e ogni verso avesse una fibrillazione. Un sentimento nuovo si è aggiunto a quelli di sempre, la precarietà: "Vedo vortici d'acqua - e non posso darti - che disperato, impotente amore". (D.M. 1993)
..Piromalli ha messo appena sullo sfondo il suo patrimonio di studioso, lo ha utilizzato per riverberi, in modo che non dovesse inficiare o condizionare la sua poesia (...) rileggere i suoi versi non è come entrare in una casa arciconosciuta ma in una dimora sempre nuova e affascinante nella quale contano i soprassalti, le illusioni, i palpiti mai sopiti di un'anima.

DANTE MAFFIA (1994)

 

Nel suo lungo percorso Piromalli ha tenuto quasi ostinatamente fede a un linguaggio lineare: anche in questi "tifoni" di guerra, di armi (baionette, bombe a mano, Spitfire), di morte, richiamati alla memoria dopo tanto tempo. Poi ci sono le "ceneri" nelle belle immagini di amore: "Da asfodeli creavi fiordalisi, - dal perituro la vita, o Maria; - vivevi la coscienza del perire - mutando in gioia funebri sorrisi". Raramente ho letto una sintesi così abbreviata di amore-vita-morte.

ALDO DRAMIS (1993)

 

Questa strana poesia che, pur imponendosi per la profondità di pensiero rigorosa, ha anche impeti dolcissimi! (...) La poesia di Piromalli ha infiniti sprazzi di luce e il pensiero del poeta è anche rivolto al ricordo di una donna mai morta nel suo cuore, ma anzi tanto viva in lui da arrivare da remote lontananze. Le immagini lasciano intravedere (dietro le rovine del tempo) un percorso poetico che coinvolge per il miracoloso dosaggio di arte e di pensiero.

FLAVIA LEPRE (1993)

 

Forte è la determinazione di ricondurre i ricordi ad uno stato di coscienza per amalgamarli ai vissuti della vita esistenziale, in una dimensione mitica, dove il personale si universalizza e diventa vero canto poetico. C'è nel progetto poetico di Piromalli un messaggio di consapevolezza, di ricerca e conoscenza, prendendo come guida la voce del cuore e dell'anima, nel dono che offre ogni incontro creativo e maturo, adulto.

PASQUALE MONTALTO (1994)

 

La poesia di Piromalli rifugge da sperimentalismi inutili, preferendo adottare uno stile estremamente indicativo della volontà e della costanza da lui avuta nell’estrarre dai "tifoni", dal cumulo dei ricordi e delle varie esperienze e momenti della vita, i tratti emblematici. Aperture ampie, giri di frasi e immagini ben fuse e incastrate danno origine a un organismo vivente che privilegia molto la nettezza delle immagini, delle metafore e delle endiadi, contribuendo a creare "una calda annotazione di razionalità poetica".

CARMINE CHIODO (1994)

 

In questa nuova raccolta la sofferta umanità di Piromalli si scioglie in canti di suggestiva emotività che sgorgando con sincerità d'ispirazione, dal profondo dell'animo, ora intenerito da un ricordo d'amore, ora commosso dalla rievocazione di una sofferta esperienza di vita o di guerra, evocano figure, immagini e avvenimenti d'un passato prossimo o remoto, gelosamente custoditi nei più intimi recessi della memoria.

GIUSEPPE FIAMMA (1993)

 

Le liriche recenti di Ti estraggo dai tifoni sono sogni, incubi, visioni che consentono a Piromalli di creare impressionanti scenari e collocarvi i colpevoli di violenza, avidità, tradimento, ignavia, la deformazione di cui si serve non è solo di tipo surreale ma anche barocco ed espressionistico. È un libro che contiene la sola vera poesia civile composta in Italia in questi ultimi anni.

GERARDO VACANA (1994)

 

Non escludendo del tutto inflessioni nostalgiche e malinconiche ("dove dormiva Maria di Piacenza senza pace", "Maria che nel sonno mi parlava", "acque carezzate da Maria", morta a Voghera) Antonio Piromalli in Pietà per la storia d'Italia offre uno spaccato largo e profondo della "serva Italia" succube del potere ristretto di pochi (...) Questo è il Po di una vita quotidiana sana, della gente stessa che (acqua di un fiume con "corna di toro", alzate "le gobbe al cielo fra pianeti ed astri") si ammasserà e si precipiterà sui "ladri vetusti e neonati".

DANTE CERILLI (1996)