Questo contributo inedito ci è stato inviato da parte dell'autore per la pubblicazione sul sito.
Ringraziamo sentitamente Carmine Chiodo (Università di Roma "Tor Vergata")

Antonio Piromalli poeta e intellettuale.

 

L’attività poetica di Piromalli cominciò molto prima del 1945, quando apparvero (a Reggio Calabria, editrice Globo) le sue Poesie. Fra queste, alcune - come Sogni, Ritorno, Paese, Meriggio, Amore, composte fra il 1940 e il 1945 - furono poi riportate anche nel volumetto edito con lo stesso titolo nel 1961 da Rebellato, con prefazione di Ettore Mazzali. Già in quelle poesie appare il motivo dell’amore che è sofferto, “volto a sensi più elegiaci e dolorosi che idilliaci, sospettoso di un suo declino, anzi di una sua frattura, e forse più di un pericolo non definibile, ma sospeso o incombente come un agguato” (dalla Prefazione).Così “noi portiamo nel cuore / un’ombra incerta che discende e sale / come è agitato lievemente il ramo; / a noi sgomenti il vento trascolora / il cielo e la tristezza tinge l’aria / di ruggine” (Sogni).

Non sono abbandonate “le vie del sogno, della speranza. Non ancora preme il ritmo chiuso del mottetto. Le poesie che vengon dopo, soprattutto quelle che recano la data degli anni 1948-1949, procedono per periodi strofici chiusi, serrati: qua e là forse scopertamente tradiscono l’ascendenza” – giusta l’osservazione di Mazzali – “a Montale (in Sempre per mano c’è il cerchio che inscrive due punti lontani, in Vero sorriso c’è il pozzo murato, c’è il verso « il ricordo non è neppure l’ombra di te») ; ma spesso, come in La musica di brina, l’andamento strofico è chiuso sino alla misura giusta, fin dove, esso si faccia inarcatura elegiaca, ritmo di memoria” (anche la successiva poesia di Piromalli, quella più vicina a noi nel tempo, alludo a La ragazza di Ferrara, Sei tu il bolero, Ti estraggo dai tifoni, è ritmo di memoria).

Nel 1955 appaiono poesie “che sembrano prendere slancio, d’improvviso”: si affacciano i mottetti in testi come Barlumi “(si legga il IV: molto montaliano, con quel verso iniziale” « Ricordi? Fu l’ultima volta; per sempre / partivo, il cerchio si chiudeva, un altro / per te si apriva oscuro, ti sbatteva / un vento lungi assai dalle mie dita; / era la vita, un pianto, dentro i pugni / serravi sabbia, pomice e ossami.» ; versi composti a Roma il 9 febbraio 1955). Qui – come si nota (Mazzali) – balzano “le immagini aspre del vento, dei pugni che serrano sabbia, pomice, ossami, della carboniera, fino all’«ultima nostra sera» e a « un moscone batteva l’ali a quel vetro»); ma ecco, a cavallo tra il 1955 e il 1956, sbocciare “la freschissima Neda, dove il procedimento di poesie montaliane come Eastbourne o Barche sulla Marna non è più che un remoto humus culturale, e dove sensazioni e cose costruiscono un primo piano lucido e mobile e incentrano con altrettanta nettezza un secondo piano, su cui sta la donna e si muove il sentimento arcano, elegiaco della donna”: «sembri brina strinata da un vento d’opale / Qui l’aria oscilla senza tempo ai muri.. / non sai chi sei, dai regni delle nevi../ del portico solingo fra le tombe..» e poi il componimento “si chiude pacatamente in un impasto felicissimo, oramai estremamente maturo (..) di memoria, di elegia, di speranza, delle cose sensibili e del loro vibrare in sentimenti: « Vaporano le tombe terragne / tra il bacchiare dei rami, in questo esilio / raro discende dalle cavedagne / un suono di voci agre; noi restiamo / nell’attesa di un cielo più vermiglio ».

Diremmo che qui approda la più ricca e congeniale poesia di Antonio Piromalli: si leggano, del ‘61, Carnevale, e l’altra poesia, che sta in limine alla raccolta, Cinzia, dove, per la prima volta, giuoca la doratura favolosa e letteraria a un tempo di una congeniale « memoria » mitologica. Dunque: il destino del poeta Piromalli è l’amore; ed è il trarre dal tessuto verbale del mottetto lo slancio elegiaco, patetico, che muove tra la memoria delle cose concrete e la memoria dei sentimenti dolenti, irrequieti.

Ma la personalità poetica di Piromalli ha una sua via: nella presenza costante delle giovanili aperture o speranze, con i trasalimenti verbali, le immagini aperte, i movimenti musicali variati, le analogie piane che, in termini tecnici, non esaltano la cosa nel simbolo, ma procedono per richiami paralleli, scoperti. E’ questo l’ultimo procedimento classico, universale della vicenda privata del poeta. Ed ecco Montale e l’altro-da-Montale in questa chiusa di Cinzia:
« ...Dove vola, Cinzia, / / il tuo sangue parlante, chi consuma / la tua chioma infrascata di corimbi? / Ah, potesse la ferza che rifila / amore lacerare il tempo a brani: / i tuoi calzari sopra le mie mani, / gli occhi negli occhi per l’eternità. / Ma è l’ora, che ci pesta in questo ossario / colorato di polpa, erba giallina / che brucia nella triste cavedagna. / E resteremo sempre in cocci, nomi / soffiati da una Vita che il liquore / distilla da celesti alghe, o Cinzia? / Le scolte taceranno sulle mura, / anche tu scenderai pel nero fiume, / sorridente canefora? »”.
Qui “il discorso lirico è pianamente disteso”, e mi preme sottolineare e rilevare con Mazzali le “vibrazioni chiuse dei versi rattenuti e l’andante cantabile degli endecasillabi classici e tersi” (è caratteristica di fondo - mi pare - di tutta la poesia di Piromalli).

Esperienze etiche e intellettuali ritornano nelle poesie, le quali travestono in forme eleganti i motivi umani di un mondo forte e dolente. Fra i giudizi che sono stati dati intorno alla poesia di Piromalli (Ugo Betti, Aldo Capasso, Rosario Assunto, ad esempio) voglio ricordare il seguente di Ferruccio Ulivi, che pone l’accento sulla forza morale: “L'atteggiamento più vero del Piromalli è proprio questo, una cautela, un ritegno nell'atto di concretarsi poeticamente, che adottano, al di là del magismo neodecadentistico, un magismo lineare neoclassicistico, come proiezione ideale dell'affetto intenerito e disilluso e dell’intimo contrasto tra una natura fervida e accesa e un'esperienza di distacchi e di costrizioni tradotta in forza morale. Ed è qui, in fondo, che si rivela il temperamento stesso del critico, al di là e al di sopra dell'intellettualismo e del razionalismo, perché l'arrivo al porto della esperienza poetica è dovuto a un risultato morale autentico, sofferto, di cui sono prova gli accenti migliori delle poesie” («La Fiera letteraria», 16 luglio 1961).

Orbene Piromalli poeta ferma le cose, gli amici, le donne che ha conosciuto. Tutto è bene impresso nella sua memoria. A voler guardar bene c’è in queste sue prime poesie - ma pure nelle raccolte successive - l’amore, e Amore si intitola una splendida poesia composta nel 1945. Vi si apprezza misura lirica e fluidità linguistica: « Andavamo tenendoci per mano / nelle sere d’estate - dolci sere - / ampliate dal ritmo dei canti, / dall’arsura dei gelsomini in fiore... / Quante gromme hai cresciute (sono pietra / senza voce), Signore, alla mia vita. / Dovrò ancora conoscere altre cose / ed altre solitudini incontrare ? ».

Varie poesie sono state composte a Maropati (qui nasce nel 1920); come Sogni nel 1940 e Paese, scritta in parte pure a Oristano negli anni 1940-43. Altre poesie sono state composte a Villa San Giovanni, Ferrara, Rimini. Dopo amore, la parola che ricorre sovente è sogni: «Quando penserai ai miei poveri sogni, / alla vita dell'uomo che mai non muore » (Sempre per mano); «Ma il sogno non è che la triste ombra / delle cose » (La fiamma); «Così in sogno si distilla nel cuore la dolce acqua del torrente infinito » (Elegia). Il poeta cammina « per vie sottomarine alla ricerca / inutile e nebbiosa di noi stessi» (sempre in La fiamma), e poi si arriva alla affermazione finale nell’ultima poesia Con le ruote del tempo: « e facile è la morte, amaro il vivere » (poesia composta a Pavia, 19-21 maggio 1961). In Antonio Piromalli il poeta è sempre collegato al suo essere critico e intellettuale. Questi sono gli aspetti che, fusi tra di loro, hanno segnato la personalità dinamica e generosa, intraprendente e operosa di Piromalli nel campo della cultura.

I ricordi, la memoria alimentano la poesia di Piromalli:
«Ti ricordo in un lungo corridoio / tra revolvers e lance di bantù, / tra scimitarre, daghe rosse, zanne, / corni, tappeti e ossa di Bacù. / Nelle notti di nebbia quando stride / la sirena del porto alle scogliere / tu galoppi sfiorando le saggine, / voli sui fossi dei maneggi o all'ombra / di un albero dei tropici sorridi » (Laura, poesia composta a Rimini, 16-26 gennaio 1956) oppure:
« Esisti, Elisa, ad una staccionata / dell'orto, tra i papaveri e i limoni; / sono le dieci del mattino, passano / i drappelli, finite le istruzioni. / Là esisti. Chi ti chiama? a chi rispondi?/ Il sole è nei capelli, le spalline / gettano lampi e il trombettiere suona: / tu giochi con un paio di mostrine, / così tra sole e polvere. I tuoi fiori / ora coprono te e il tuo giardino » (Elisa, Rimini, 14 febbraio 1955).
Oltre alle poesie già citate, in Maropati il poeta compone altri componimenti quali Come tutto è diverso (1960) e ancora I morti (1948): « Stanno immobili i morti, / rivestiti di terra, / intatte solitudini. / Dormono senza futuro, / sommersi dal tempo / che scorre dentro i vivi: / caldi meriggi, buie piogge, / venti che segano macigni / sono impenetrabili relitti / di inutile avventura. / E nulla intorno li grava: / gelato l'ardore / di lacrime sugli occhi, / sorridono a loro silenzi ».

La voce di Piromalli è qui poetica, intensa, e per di più queste sue poesie presentano una forma verbale di una coerenza stilistica unitaria e costante che s’accompagna a motivi, simboli, analogie, metafore che presentano ad esempio l’amore e i sentimenti provati incerte situazioni. Tutto è ben fermo e preciso nel cuore del poeta che manifesta i suoi sentimenti con una poesia tecnicamente impeccabile, nuova, personale per temi e linguaggio: « La serranda che scatta all'improvviso, / la tagliola che salta per un ramo / sono cippi che chiudono un confine, / cifre oscure, ombre di un volto lontano. // Forse senti lo strappo che c'impiglia / all'uncino e la corda che ci allaccia: / guerra, pace, il mondo che ci è vicino, / noti e ignoti ci passano di lato » (Un volto lontano, poesia composta a Rimini, agosto 1955 - 21 gennaio 1956).

Nelle prime poesie Piromalli presenta tutta una serie di allusioni al suo paese, al paesaggio delle «zagare amiche della sera », dove «tornano i carri, di fieno e trifoglio / odora nella sera calma la scia » (Ritorno) oppure: « Cantano dentro gli orti le fontane / e guardano smagate al cielo illune / le case dal pendio; di gravi passi / la via risuona, risuona il selciato / dove dei carri il rosso lume svampa / o di stelle cadenti ai crocevia » (Paese). Presenti sono pure « piccole vecchie dagli occhi di serpi » che seguono dalla soglia le stelle cadenti.

Non solo paesaggio e paese, ma anche donne che hanno odore di mentastro nei capelli e sapore di frutta sulle loro bocche, le labbra si sfogliano, ed ecco ancora l’amore: « Con l'agrume delle piante selvagge, / con tempeste marine / è ritornato amore » (Sirio danza tra nubi, in Poesie). All’amore sono legati vari ricordi e luoghi, immagini, istanti, paesaggi e precise ore. Si notano immagini “fitte e chiare, acute e mosse", che alludono a un perenne congedo dall’amore: "perenne, perché a volte amaro, sempre malinconico, ma non mai deluso” (Mazzali): « Poi scendemmo nel sole e a chi tracolla / fin lo sportello aperto è come un guizzo / di luce nella tana. Tra la ciocca / bianca, oltre il bar, nel cielo azzurro vedo / la croce della chiesa; vi s’impiglia, / rondine, la tua chioma; fisso gli occhi / sul tuo tragico anello longobardo / e al tuo sorriso cadono due globi / di lacrime sul vetro della mano. / / Brindiamo a te, a me che ci perdiamo» (Poi scendemmo nel sole), oppure: «Ti guardo come cosa che perisce / ché breve è il volo della nostra vita / e più breve m'appare / nell'arco del tuo riso: inconsapevole » (La musica di brina, in Poesie). Un amore sofferto, elegiaco e doloroso.

Per quanto riguarda la silloge poetica del 1991 (Sei tu il bolero) è da dire che i primissimi versi di questa raccolta sono nati dopo l’incontro con “Letteratura”, “Corrente”, “Campo di Marte”, con la civiltà dell’ermetismo. Come ricorda lo stesso poeta nello scritto introduttivo “erano gli ultimi anni Trenta, vissuti nel contrasto tra la potenza militare che sovrastava e la vita dimessa del popolo frastornato dalla roboanza imperialista (abitavo a Messina in una caserma – giardino, gli Orti della Maddalena)”. Spesso nella poesia di Piromalli sono presenti i vari ambienti in cui il poeta è vissuto ed ha operato: l’ambiente messinese, poi altri ambienti legati ad altre città: “Livorno, Ferrara, città diversamente popolari e amatissime”. Ferrara significò l’incontro con la civiltà del Novecento ma anche quello con la nebbia, col Po, con la Bassa delle lagune. Poi seguirono, e di ciò è traccia pure nelle liriche, gli anni riminesi, le dimore a Bologna, Caracas. Nel frattempo “composizioni di più vasta misura oltrepassavano anche strutturalmente – e negli accenti – l’unitonalità della prima raccolta, (..) il timbro era diverso nel quadro dei mutamenti gnoseologici ai quali il critico si volgeva con attenzione ai dialetti, alla cultura popolare, a quella delle regioni, al rapporto tra la Musa e la folla: l’Emilia e la Romagna (ma anche la società meridionale) offrivano campo alle nuove metodologie”.

Frequente nella poesia di Piromalli è la presenza femminile. Ecco Versi per ragazza giuliana, “tra barche, tra navigli”, sfilano “traghetti illuminati, scale, gru”; ora il poeta ci fa vedere il “Voltone”, il teatro “la Gran Guardia”, la città di Livorno, e sentiamo l’ubriaco che parla di Togliatti. Nelle cose e nei simboli rivive la ragazza giuliana (un amore, certo, del poeta) e il verso esprime gesti, aneliti, passioni: « Eri fenice / calda, d’oro, rovente, le mie mani, / bruciate dalle piume, rinasceva / cuore, sangue, parola; (..) / Avanzavi, fenice, alta; sapevi / che l’ardore era vita, nuova e cara. / Lontano ogni pensiero, anche Trieste / consumata, là dove si rompeva / ogni tuo giorno ». Un testo importante in quanto il poeta qui esprime la versione della vita, della realtà e della condizione dell’uomo. Poi tanti ricordi, momenti di vita passata, la morte: « Questo tempo è inutile, ormai / fasciato da strisce opache, / lei è morta, morta: // la trasparenza è nel ricordo / colore di fragola / vicino a un ponte, / nel suo verde passo / che apriva arcate d’oro» (Motivi in Sei tu il bolero).

Ecco ancora Elegia per ragazza padana: « Un’officina d’auto a Catanzaro / una folgore accende: la tua rossa / bocca, la spyder, l’asfalto con la fossa; / tutto in un lago come il sale amaro / (…) eri improvvida, dolce, puntigliosa, / poetica, durissima ed umana / limpida come acqua di fiumana / rosa, odorosa, semplice ed estrosa », oppure Versi per ragazza di Romagna: «Eri alta e senza pari, una piramide. / La sabbia, l’aria nell’eterno andare / lambiscono la sfinge. Ti avvicini / nel velo delle mie lacrime amare».Poi ancora Laura, Cinzia, Eliana: “Batte calda e veloce alle porte la primavera padana, / tu batti al mio cuore con le sapienti dita, / con altre e con le tue, mi richiami l’infanzia, / Salamanca, Madrid, Atene, ora te qui viva, Eliana» (poesia composta in Rimini il 25 marzo del 1965, in Sei tu il bolero).

Una poesia alimentata dai continui ricordi, che si presenta originale per temi e per linguaggio: « Ascolti, attenta, mimi il contrario di quello che dico, poi giochi agli specchi, non crei, non creerai, non credi, non crederai» (Parole, dalla sezione di Sei tu il bolero intitolata Canzonette per Anna); « Eri nell’aria che qui respiravo / e la bruma d’estate ora consuma; / piange un angelo verde alla tua spalla / mentre cadi in un botro senza lume » (Motivi); « Era la sosta dell’inverno, / ascoltavamo corolle di musica da Luis, / pescavamo pesci con le mani; / un uomo si lanciava dal ponte nel fiume. / Hai brindato a me (o a te?) con serena pietà » (Blood for oil). In sostanza il poeta Antonio Piromalli narra la sua vita e lo fa con un timbro poetico assai originale; dice il suo essere “incerto”, le sue varie e intense esperienze umane e amorose. Poesia non solo intima ma pure permeata di impegno civile (è l’altra faccia della poesia piromalliana; leggiamo in Piromalli vari componimenti molto satirici, ironici, fustigatori di malsane tendenze sociali e politiche del nostro tempo).Comunque intimismo e impegno civile si notano in vari componimenti della raccolta Ti estraggo dai tifoni, che riprende ed integra temi e stile della precedente Sei tu il bolero, come ha scritto Dante Cerilli nel suo libro sulla poesia di Piromalli, Coscienza storica e individuale nella poesia di Antonio Piromalli.

Nella sua poesia c’è l’avversione al fascismo ma è presente pure la storia come motivo di poesia (dagli anni quaranta ai novanta). Piromalli è poeta della vita e della storia. Perciò nella sua poetica confluiscono le idee sulla storia, la storia stessa con la sua drammaticità, e con i tanti amici che l’hanno percorsa. Ad uno di essi, all’avvocato e professore di filosofia Agostino Buda, va il pensiero del poeta quando ricorda: «un altro (tra carcere e persecuzioni) / vi collegò tutti, amici, e morì povero, / solo in una stanza di via Moscova a Milano» (v. Amici, in Ti estraggo dai tifoni). Il poeta cala la poesia nella storia anzi, eventi e situazioni politico–amorose si intrecciano, e ciò è un’altra caratteristica di fondo della poesia di Piromalli, nei cui versi c’è anche uno sfondo preciso e filosofico, ben delineato dal ricordato Dante Cerilli. Per Antonio Piromalli la poesia “dovrebbe servire a ricompattare la società depredata, sbocconcellata, sterilizzata; la contestazione astratta è stata sconfitta, la misteriosa caduta del socialismo reale determina sempre di più il trionfo della reazione delle polizie delle guerre delle alleanze internazionali” (Quinta Generazione, n. 1/ 1992, p. 25-33, Quattro domande al poeta).

Piromalli esprime attraverso la sua voce poetica i suoi impulsi e la visione che egli ha della vita e della storia. Leggere la sua poesia significa anche leggere la vita italiana e la storia dagli anni del fascismo fino agli anni nostri (guerra del Golfo, ad esempio). Il verso piromalliano è ben fatto e nasce sempre da esperienze vissute. La sua poesia è poesia concreta e non astratta; è espressione di una personalità che esprime le sue idee, la sua vita, con linguaggio chiaro, penetrante, ben aderente alle situazioni ed ai momenti che sono specificati di volta in volta nelle varie sillogi che il poeta ci ha lasciato.

Sul critico mi limito solo a qualche cenno: Antonio Piromalli con gusto molto moderno ha letto e studiato Dante, Ariosto, il Settecento, Fogazzaro, Pascoli, i poeti e gli scrittori contemporanei. Per avere un’idea esatta di Piromalli critico ed organizzatore di cultura si ricorra alle belle pagine di Tommaso Scappaticci intitolate Tra impegno e storicismo: il metodo critico di Antonio Piromalli pubblicate su Letteratura & Società, nº 17-18 / 2004, e al saggio di Renzo Frattarolo Il lavoro di un critico, nel primo volume degli Studi in onore di Antonio Piromalli. Si veda pure, di Toni Iermano, la Bibliografia degli scritti di Piromalli (sono registrati gli studi che vanno dal 1936 al 1990).

Inoltre l’intellettuale vigoroso e combattivo si coglie benissimo nelle Lettere vanitose del 1985, edite da Rubbettino. Qui si scaglia - come commenta e interpreta un critico del calibro di Ferruccio Monterosso - contro la figura del “letterato futilmente compiaciuto e propagandista di se stesso, che magari ostenta modestia ma che in pratica si affacenda sempre nella viziosa ricerca di tutto ciò che possa porre in risalto le sue doti (più presunte che vere)”. Chi si dedica alla letteratura – pensiero costante e dominante di Antonio Piromalli – deve fornire una lezione di eticità e non « dire in un modo e agire in un altro, “moralizzare a parole e corrompere con i fatti”, “ripudiare l’unità del pensare e dell’agire”, “l’armonia di vita e di pensiero”». Il Piromalli delle Lettere vanitose (continuate fino alla morte nella sua rivista Letteratura & Società è “tagliante e impietoso verso tutta una serie di mali morali quali «la sottoletteratura che si ammanta di nobili sentimenti e, invece, rappresenta il vuoto assoluto», pneumatico, delle idee; i neonipotini di padre Bresciani; i seducenti apparati dei magnati dell'industria culturale; la vorace corsa al successo, alla grande tiratura, ai soldi (..); la bagarre dei premi letterari; la fasullaggine di troppe pseudonorificenze al merito (sic) letterario”. Emergono insomma dalle Lettere vanitose i “mali che riflettono dentro la repubblica delle lettere, la crisi più vasta della società in generale, affetta da opportunismi d'ogni risma, da pietismo sulle miserie umane, dalle degenerazioni della burocrazia che tutto «riduce a cavillo, a forma, a piccolo giure, pur di mantenere i privilegi»”. Si rileggano le belle pagine che Monterosso ha scritto nella Prefazione al volume Lettere vanitose, dalle quali emerge “la passione civile di un critico scrittore”, per riprendere il titolo del saggio di Ettore Mazzali apparso negli Studi in onore di Antonio Piromalli.

In sostanza da quelle Lettere vanitose risalta l’analisi critica e culturale di un grande studioso come è stato Antonio Piromalli, che ha amato sì la polemica corrosiva e stroncatoria ma che ha tributato anche doverosi e meritati riconoscimenti, e lo ha fatto sempre in modo asciutto, senza sbavature.

 

Carmine Chiodo