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Pubblicato VOLGAR’ELOQUIO
(Pier Paolo Pasolini)

Pubblicato il volume curato da Antonio Piromalli:

VOLGAR’ELOQUIO
di Pier Paolo Pasolini

Introduzione di Antonio Piromalli
nuova edizione e cura di Franco Francione
Roma, FAP, 2015

L’ultimo vasto e organico intervento, pronunciato a Lecce il 21 ottobre 1975, solo pochi giorni prima della tragica morte: in Volgar’eloquio sono condensati “tutti i motivi dell’eresia disperata dell’ultimo Pasolini”.
In serrato contraddittorio dialettico con un pubblico di studenti e professori, lo scrittore risponde alle sollecitazioni critiche proponendo argomentazioni, dubbi e provocazioni intellettuali che attraversano i principali temi della sua “eresia”: il genocidio consumista, l’omologazione delle culture subalterne, il destino dei dialetti e delle lingue minoritarie, le rivendicazioni degli indipendentisti, il ruolo della scuola e il paradosso della descolarizzazione, la mutazione conservatrice del partito comunista, la figura emergente del “nuovo chierico progressista”, la retorica del decentramento e delle autonomie, l’idea di una utopistica “destra sublime”, la censura e la falsa tolleranza, la mercificazione consumistica del sesso, la personale abiura rispetto ai film della Trilogia della vita.
Questa nuova edizione curata da Fabio Francione conserva l’introduzione critica di Antonio Piromalli (che fu organizzatore dell’incontro e curatore dell’edizione originale) e aggiunge una inedita appendice che ripercorre e illustra, attraverso documenti e fotografie, la giornata salentina di Pasolini tra Lecce e Calimera.

Testimonianze e commenti – p. 1

In ricordo di Antonio Piromalli

Ciascun articolo può essere letto integralmente cliccando sul link del titolo o sulla immagine.

 

..un uomo che non si è mai sottomesso al potere costituito e non ha mai vagheggiato modelli dogmatici o edonistici.

Nei suoi libri ha tracciato lucidi profili e dato spazio alla cultura subalterna e alle minoranze storiche.
La sua vita è stata una vasta intuizione, un fiume che trascina e poi si placa.

Vincenzo NapolilloPiromalli: una vasta intuizione
Il Quotidiano, 10.06.2003

Antonio, appena due anni più dei miei, era il mio maestro; mi introduceva nel mondo magico dei lirici greci. Recitava Mimnermo: “Che vita è, che gioia è, senza la smagliante Afrodite?”..

..Di tutti gli esseri viventi che ho incontrato posso dire che Antonio Piromalli era nell’animo il migliore, buono nel vero senso della parola, né ipocrita né stupido. Buono con una disponibilità, una tolleranza, una umana simpatia, nel senso letterale del termine, per il suo prossimo..

Turi Vasile : Piromalli, il ragazzo del Muriceddu 
La Gazzetta del Sud, 12.06.2003

.. il mio primo libro, di critica letteraria, non d’arte, Il populismo nella letteratura italiana del Novecento, fu pubblicato nel 1976 per volontà e in una collana diretta da A. Piromalli.

..lo studioso sensibile che aveva coltivato, con largo anticipo, e non diversamente da Pasolini, un’attenzione speciale per le letterature marginali e cosiddette dialettali..

Qualcosa doveva farlo sentire così profondamente italiano da non avvertire le distanze, da non coltivare alcun razzismo o campanilismo (..) il suo addio ci lascia più poveri e più soli.

Vittorio SgarbiPiromalli, l’amico che mi ha lasciato solo
Il Giornale, 15.06.2003

Antonio Piromalli è stato uno dei pochi ultimi letterati “interi”, capaci di giocare sapientemente e appassionatamente tutte le carte sulla letteratura e sulla storia, ma anche sulla vita, come l’altra verità del tempo e delle proprie esperienze.

..Per Antonio, letteratura e passione della scrittura e severità e rigore politico, vita insomma e storia, politica, lingua e invenzione sono fortemente legati. E’, al di là della sua scomparsa, la garanzia della verità dello scrivere che ci ha offerto e che dura.

Giorgio Barberi SquarottiRicordo di Antonio Piromalli
Nuovo Contrappunto, XIII, n. 1 – gennaio-marzo 2004

..Sempre pronto ad accettare inviti che gli consentissero di stimolare interessi, di avviare nuove conoscenze, di sollecitare iniziative, in una sorta di ininterrotto pellegrinaggio culturale che durava tutti i mesi dell’anno e coinvolgeva tutte le regioni della penisola.
..Concepiva la sua professione come un servizio culturale, da offrire a quanti, anche al di fuori degli ambiti istituzionali, sentivano il bisogno di arricchire le proprie conoscenze.

Tommaso Scappaticci : Ricordo di Antonio Piromalli
Quaderni della Vallata, n. 5 (2004)


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I principali volumi curati da A.P.

 

Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana - a cura di Antonio Piromalli

Storia della letteratura italiana
di Francesco De Sanctis,
Bologna, Capitol, 1961

Carlo Goldoni, La locandiera - a cura di Antonio Piromalli

La locandiera, di Carlo Goldoni
Torino, Petrini, 1961 (7° ed. 1975)

Vittorio Alfieri, Saul - a cura di Antonio Piromalli

Saul, di Vittorio Alfieri
Padova, Radar, 1968

Francesco De Sanctis, Scritti critici e letterari - a cura di Antonio Piromalli

Scritti critici e letterari, di Francesco De Sanctis
Cassino, Garigliano,1971

Vincenzo Padula, Cronache del brigantaggio - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

Cronache del brigantaggio in Calabria 1864-65
di Vincenzo Padula
(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Napoli, Athena, 1974

Vincenzo Padula, Poesie inedite - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

Poesie inedite
di Vincenzo Padula
(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Napoli, Guida, 1975

Vincenzo Ammirà, La Ceceide - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

La Ceceide
poemetto dialettale di Vincenzo Ammirà
(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Napoli, Athena, 1975

Pier Paolo Pasolini, Volgar'eloquio - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

Volgar’eloquio
di Pier Paolo Pasolini
(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Napoli, Athena, 1976

Terre e briganti: il brigantaggio cantato dalle classi subalterne - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

Terre e briganti
– il brigantaggio cantato dalle classi subalterne –
(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Firenze, D’Anna, 1977

L'identità minacciata: la poesia dialettale e la crisi postunitaria - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

L’identità minacciata
– la poesia dialettale e la crisi postunitaria –

(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Firenze, D’Anna, 1977

Vincenzo Ammirà, La Ngagghia e la Rivigliade - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

La Ngagghia e la Rivigliade, di Vincenzo Ammirà
(a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Cosenza, Brenner, 1979

Giustiniano Villa, Zirudèli - a cura di Antonio Piromalli e Grazia S. Bravetti

Zirudèli, di Giustiniano Villa
poesie in dialetto romagnolo
(a cura di Antonio Piromalli e Grazia S. Bravetti)
Ravenna, Edizioni del Girasole, 1979

Pasquale Creazzo, Antologia dialettale - a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio

Pasquale Creazzo – Antologia dialettale
(poesie, a cura di A. Piromalli e D. Scafoglio)
Cosenza, Pellegrini, 1981

Albino Pierro, Ci uéra turnè - a cura di Antonio Piromalli

Ci uéra turnè, di Albino Pierro
(con scritti di N. Borsellino, A. Piromalli, M. Sansone)
Ravenna, Edizioni del Girasole, 1982

Michele De Marco, Tutto Ciardullo: le poesie, il teatro, la satira - a cura di Antonio Piromalli

Tutto Ciardullo: le poesie, il teatro, la satira
Michele De Marco, detto “Ciardullo”
(3 voll.) Lorica, Mide, 1984

Antonio Jerocades, La lira focense - a cura di Antonio Piromalli e Grazia S. Bravetti

La lira focense, di Antonio Jerocades
(a cura di Antonio Piromalli e Grazia S. Bravetti)
Foggia, Bastogi, 1986

Michele Pane, Le poesie - a cura di Antonio Piromalli e Giuseppe Falcone

Le poesie, di Michele Pane
(a cura di Giuseppe Falcone e Antonio Piromalli)
Soveria M., Rubbettino, 1987

Fortunato Seminara, Le baracche - a cura di Antonio Piromalli

Le baracche, di Fortunato Seminara
nuovo testo ampliato a cura di Antonio Piromalli
con saggio antropologico di L. M. Lombardi Satriani
Roma, Gangemi, 1990

Surrealismo, avanguardia e memoria nel mondo poetico di Ruggero Jacobbi - con 37 poesie inedite - a cura di Antonio Piromalli

Surrealismo, avanguardia e memoria nel mondo poetico
di Ruggero Jacobbi – con trentasette poesie inedite-

(premessa e nota di T. Iermano) Avellino, Sabatia, 1992

Le feste dei Pastori del Rubicone per Napoleone I° Re d’Italia - a cura di Antonio Piromalli e Toni Iermano

Le feste dei Pastori del Rubicone per Napoleone I° Re d’Italia,
(a cura di Antonio Piromalli e Toni Iermano)
Firenze, Olschki, 1994

Fortunato Seminara, L'arca - a cura di Antonio Piromalli

L’Arca, di Fortunato Seminara
Cosenza, Pellegrini, 1997

Antologia della letteratura calabrese - a cura di Antonio Piromalli e Carmine Chiodo

Antologia della letteratura calabrese
Antonio Piromalli e Carmine Chiodo
Cosenza, Pellegrini, 2000

L’attualità del pensiero e delle opere del marchese Domenico Grimaldi - a cura di Antonio Piromalli

L’attualità del pensiero e delle opere
del marchese Domenico Grimaldi

AA.VV. Cosenza, Pellegrini, 2001

Fortunato Seminara, La dittatura - a cura di Antonio Piromalli

La dittatura, di Fortunato Seminara
Cosenza, Pellegrini, 2002

La cultura letteraria nelle corti dei Malatesti- a cura di Antonio Piromalli

La cultura letteraria nelle corti dei Malatesti
AA.VV., Rimini, Ghigi, 2002

Fortunato Seminara, Il viaggio - a cura di Antonio Piromalli

Il viaggio, di Fortunato Seminara
Cosenza, Pellegrini, 2003

Fortunato Seminara, Terra amara - a cura di Antonio Piromalli

Terra amara, di Fortunato Seminara
Cosenza, Pellegrini, 2005

DA UN’ALTRA STANZA

Torino, Genesi Editrice, 1996 – collana “I gherigli”

Disponibile presso l’Editore: Genesi Editrice – www.genesi.org
Via Nuoro , 3 – 10137 Torino – Tel. 011.3092572 – e-mail: genesi@genesi.org

ESAURITO


Indice del volume 

p. 7 — Realtà e poetica (introduzione dell’autore)

DA UN’ALTRA STANZA
p. 15 – Elegia per ragazza padana
p. 17 – Dormiveglia
p. 19 – Maria
p. 23 – La foce
p. 24 – Incubi: la voce
p. 26 – In sogno
p. 27 – Le tue parole
p. 28 – L’Ippogrifo
p. 29 – Non fiore di memoria
p. 31 – La lanterna magica
p. 33 – Remota ai vivi
p. 34 – Ombra di cenere
p. 36 – Un corno d’avorio
p. 37 – Se di te vaporasse
p. 38 – Nella polvere d’acqua
p. 39 – Intensa come quando
p. 40 – Pietà per la storia d’Italia

EPICO IL NOME TUO
p. 47 – Rolanda
p. 49 – Alida
p. 51 – Sogno di Laura Ritz
p. 53 – Città di erbe
p. 54 – Infanzia
p. 56 – Un rottame di specchio
p. 58 – Solo io ti ricordo
p. 60 – II nome ignoto
p. 61 – Per Galvano Della Volpe
p. 62 – Canto per la morte di Enrico Berlinguer
p. 68 – Saluto agli amici

I CAVALIERI DELLO SPIRITO
p. 73 – II sogno della saponificazione
p. 79 – I riciclati della morte
p. 80 – I potenti
p. 81 – L’inferno
p. 84 – II defunto
p. 85 – Statista
p. 86 – Catene
p. 87 – Presidenti
p. 88 – Consigliere provinciale
p. 89 – Assessori
p. 90 – Cardinali
p. 91 – Alleanze
p. 93 – Liberale
p. 94 – Socialisti
p. 95 – Democristiani
p. 96 – Poeti
p. 97 – Poetesse integrate
p. 98 – Amore di poesia
p. 99 – In carriera
p. 100 – Creatori
p. 101 – Critici
p. 102 – Operatore culturale
p. 103 – Operatrice culturale
p. 104 – II girino
p. 105 – Intellettuali
p. 106 – II cantante
p. 107 – La spugna
p. 108 – Studio moderno
p. 109 – Giornalista
p. 110 – Sao ka
p. 111 – Sud e Nord
p. 112 – Mike
p. 113 – Felici e contenti
p. 115 – Note
p. 117 – Giudizi della critica


Note critiche

In questo «baratro d’inferno» ci sono tutti, potenti, politici corrotti, partiti, con nomi e fatti, critici e intellettuali, cantanti, giornalisti, poeti e poetesse, cioè «i fantasmi – scrive in nota l’autore – della storia d’Italia, che si reincarnano di continuo in prototipi di vizi: la vera inarrestabile resurrezione dall’inferno è quella dei fantasmi che ripetono le angherie, i compromessi, le sopraffazioni».

In questi componimenti satirici il verso arde come un fuoco, asciutto ed essenziale, e nella struttura strofica e negli accorgimenti metrici e lessicali, trova la giusta misura per dare voce, più che alla invettiva, fustigatrice e moralizzatrice, alla speranza di rigenerazione.

CRISTANZIANO SERRICCHIO (2004)

Non escludendo del tutto inflessioni nostalgiche e malinconiche (“dove dormiva Maria di Piacenza senza pace”, “Maria che nel sonno mi parlava”, “acque carezzate da Maria”, morta a Voghera) Antonio Piromalli in Pietà per la storia d’Italia offre uno spaccato largo e profondo della “serva Italia” succube del potere ristretto di pochi (…) Questo è il Po di una vita quotidiana sana, della gente stessa che (acqua di un fiume con “corna di toro”, alzate “le gobbe al cielo fra pianeti ed astri”) si ammasserà e si precipiterà sui “ladri vetusti e neonati”.

DANTE CERILLI (1996)

Particolarmente riusciti gli epigrammi, che ricordano, con la loro ironia dolce-amara, gli epigrammi pasoliniani. Abbiamo sentito intensamente l’assenza di Pasolini, dell’intellettuale che lotta a mani nude contro il sistema, rimanendo al di fuori della “marmellata di regime”. Gli epigrammi di Piromalli riempiono ora questo vuoto, col loro carattere irriverente, irridente nei confronti della classe politica corrotta e corruttrice..

ANTONIO CATALFAMO (2004)


Introduzione dell’autore: Realtà e poetica

(1996 – Introduzione di Antonio Piromalli a DA UN’ALTRA STANZA)

Il sistema dei nomi tappezza di specchi
la stanza della miseria individuale,
pei quali mille volte e sempre avanti infinitamente
la stessa luce delle stesse cose in infiniti modi è ‘riflessa’.

(Carlo Michelstaedter)

La prima sezione di questo libretto dipinge in diverse tabulae una vicenda che in altre occasioni avrebbe occupato lo spazio di un componimento. Qui la morte di una persona genera sogni e incubi che riflettono una realtà (anche geografica, quasi tutta del Po: Piacenza, Vigolzone, Castell’Arquato, Colorno, Brescello, Guastalla, Revere, Ostiglia, Pontelagoscuro e tanti altri luoghi lungo “del Po l’ondisona riviera – (…) terre intorno a gli alti argini sole, – ove pianser l’Eliadi”): c’è uno scompenso di incubi al di là del reale, venti di catastrofi, mondo senza voci, voci che non si possono esprimere, rupi che crescono infittendosi di frammenti, crolli che scoscendono tetti e passaggi; la morte non lascia fessure, non appigli per lanciare corde o suoni. In questi crolli è l’eco di un’ombra di donna la cui voce non ha suono, è inghiottita da un eterno soffocamento; un’ombra che guarda su un video i sogni della vita troncata, la realtà di stagioni, treni, feste, portici delle città dell’Emilia e della Romagna, l’ardore dei giorni, il vermiglio calore dell’esistenza, gli acri suoni di essa nella campagna. La donna morta si aggira fra astri e terre, la mancanza di parole vive crea in chi sopravvive un allucinato perire: una sola volta può rispondere a chi la chiama nella sua casa terrena ma non riconosce chi è che la chiama.

La seconda sezione ha tabulae di confronto tra passato e presente, un ricordo eponimo di un filosofo amico; Rolanda, epica, risplende col sogno della rivoluzione sul mediocre presente insieme con Galvano Della Volpe che insegnò a osservare la miseria dei nomi nei detriti di apparenze formalistiche e a naturalizzare la visione critica senza escludere, nella creazione, l’elemento lirico primigenio (su questo si veda, del resto, nella raccolta, Infanzia). In altri testi il motivo del sogno porta la memoria di un luogo poetico che ritorna inesorabile. Il luogo è anche un topos storico e letterario di Ferrara, il Barco dove la via dei Piopponi finisce sulle mura e sui rampari fortificati all’interno delle mura e i pioppi sembrano precipitarsi verso il Po. Quasi allo spiazzale prima delle mura c’era una villa di liberty medievale con una donna che sembrava nascere dai luminosi contorni dell’orizzonte, che adesso è sempre silenziosa e accenna a un lieve sorriso tra le tombe degli Estensi e la Certosa, in un’aria che è come tra due evi.

Un Saluto agli amici che rivendica la resistenza contro la desistenza morale, l’eroismo di sconosciuti contro gli arraffatori del bene pubblico introduce alla terza sezione che comprende satire (anche lunghe) ed epigrammi, componimenti di impegno civile. La deformazione linguistica scompone miti, false credenze, demitizza la falsa poesia, gli interessi ammantati di idealità, i faccendieri che vengono fatti passare per geni politici, l’unzione che viene riverita come religione. Gli eroi del nostro tempo, i rampanti, appaiono nella loro mancanza di umanità che appartiene alla generale riduzione di esperienze e di linguaggio di cui soffre il mondo contemporaneo. Si vive nella fiction del tutto detto, dei materiali, dei moduli, delle collane di oggetti e di parole smozzicate ripetute (la parola riusata come modulo non può diventare vera, concreta né creare stile).

Il post-sperimentalismo inerte con i suoi eccessi di elegismo e di narrativismo ha lasciato depositi di espressioni larvali convenzionali in cui immergono le mani gli epigoni secondari, marginali. La disposizione narrativa per avere vita deve assumere come tensione l’autentico, distinguerlo da ciò che lo camuffa; il vero reale – il “vivente” di De Sanctis – non ha bisogno di lastre radiografiche né di fotocopie. La satira, la parodia hanno la funzione critica di dilatare il reale e le sue escrescenze inautentiche, di infrangere le apparenze normali, operando anche e contrario, attraverso il grottesco, la deformazione caricaturale, l’ironia. Tali il metodo e il fine: ma senza lo stile consentaneo si rimane terra terra.

La sezione satirica porta il titolo I Cavalieri dello Spirito: così venivano chiamati alla fine dell’Ottocento i potenti da nobilitare e da assumere a guida in nome di uno Spirito che era l’opposto della vile Materia madre del Male. In nome dello Spirito (di proprietà: occidentali, cristiani, protestanti, hegeliani, crociani, ecc.) i Cavalieri bandivano crociate e guerre; i Cavalieri esistono ancor oggi, lo Spirito protegge mercato, merci, mercenari. In questo libretto essi dominano, risorgono, allunano con scivoli di Stato, escono dall’Erebo per fare incursioni: insomma sono i morti che sempre vincono nella storia d’Italia. Essi sono eterni perché col sistema dei nomi da loro creato hanno fondato scuole di camuffamento, di fiction come oggi si dice, di successo di immagine: il ladro è chiamato statista, il basista è detto presidente (di banca, azienda, provincia, regione) o assessore (nell’organizzazione religiosa prevalgono i prefissi rafforzativi usati nella lingua italiana per la formazione dei superlativi arci, archi o quelli usati in altra lingua come epì o, ritornando alla nostra lingua, le derivazioni da aggettivi che indicano la funzione del ‘cardine’, ecc. ecc.). Il sistema dei nomi in quanto definisce e tramanda tocca anche i poeti (i poeti di Segrate – un tempo c’erano i filosofi di Gallarate, una vera scuola di non pensiero! – della botte, del barile, del sottoscala, del ruscello, di Montale, di Barabba, della droga, ecc.) e, ovviamente, le poetesse (si licet ancora usare tale termine discriminante e barbarico!), gli orrendi (terminologicamente e di fatto) “operatori culturali” (sono i più ignoranti di tutti in quanto cumulano la rozzezza culturale dei politicastri), i giornalisti, i cantanti, i girini, i candidati, le scimmie o spugne che imitano e assorbono in modo inverecondo, nonché infinite altre categorie di gruppi e individui.

Non tutti; il sao ka (il ripeto, il mi hanno detto di dire del componimento con quel titolo) ha qualche eccezione del rifiuto del sistema dei nomi che fa parte del meccanismo il quale riduce le individualità e pota gli alberi forti e i valori.

Il sistema dei nomi deriva anche dall’ideologia della dissimulazione onesta, della prezzoliniana arte del persuadere per mezzo della comunicazione che ha come finalità il “successo”. Il concetto prezzoliniano di persuasione è antitetico alla “persuasione” di Michelstaedter: “con le parole guerra alle parole” “perché pur il sol risplenda”. Anche la poesia può portare un contributo – con i suoi mezzi specifici, ma non solo con quelli – opponendosi con vigore ai comunicatori del sottobosco morale e culturale.

Roma, 23 marzo 1996

Antonio Piromalli

 


Dove trovare questo libro

Il volume risulta essere disponibile presso le biblioteche sotto elencate
(dal catalogo in rete del Servizio Bibliotecario Nazionale):

  • FI0098 – Biblioteca nazionale centrale – Firenze – FI
  • MO0201 – Biblioteca del Laboratorio di poesia – Modena – MO
  • TO0265 – Biblioteca nazionale universitaria – Torino – TO

SEI TU IL BOLERO

Forlì, Forum-Quinta Generazione, 1991 – collana “Assemblage”

ESAURITO


Indice del volume 

p. 5 — Realtà e poetica (introduzione dell’autore)

PENOMBRE
p. 11 – Sogni
p. 12 – Volti di adolescenti
p. 13 – Primavera
p. 14 – Apparizione
p. 15 – Città
p. 16 – Novembre
p. 17 – Paese
p. 18 – Ritorno

 SERALE
p. 21 – I – II
p. 22 – III – IV
p. 23 – V – VI
p. 24 – VII- VIII
p. 25 – IX
p. 26 – X
p. 27 – XI
p. 28 – XII

COME ARIDA FOCE
p. 31 – Ora che sei remota
p. 32 – E Tu, Signore, hai cura?
p. 33 – Attesa a Livorno
p. 34 – Forse la più bella Emilia
p. 36 – Quando non avrà peso
p. 37 – Come potrò donare?
p. 38 – Come arida foce
p. 39 – Bruna
p. 40 – Parole
p. 42 – I morti
p. 43 – Come carboni spenti

VICTORIA
p. 47 – Come potrò dimenticare
p. 48 – Guardiamo la ruggine dei cieli
p. 49 – Sirio danza tra nubi
p. 50 – La musica di brina
p. 51 – Sempre per mano
p. 52 – La tua luce di viola
p. 53 – Il vero sorriso
p. 54 – L’isola di rosa

IL CORDAME CHE STRIDE
p. 57 – Nebbia
p. 58 – Il bianco in nero
p. 59 – Veri e non veri
p. 60 – Barlumi: I – II
p. 61 – Barlumi: III – IV
p. 62 – Elisa
p. 63 – Canzonetta per Neda
p. 64 – Elegia
p. 65 – L’alga del sorriso
p. 66 – Un volto lontano
p. 67 – Laura
p. 68 – Neda
p. 69 – Montenero
p. 70 – La fiamma
p. 71 – Vergine fugace
p. 72 – Europa
p. 73 – Poi scendemmo nel sole
p. 74 – Non dipartirti
p. 75 – Come tutto è diverso
p. 76 – Carnevale
p. 77 – Favola antica
p. 78 – Cinzia
p. 79 – Con le ruote del tempo
p. 80 – La sua voce scozzese
p. 81 – Momento
p. 82 – Per le nozze dell’amico
p. 83 – Neda
p. 84 – Arcana
p. 85 – Eliana

TROPICO
p. 89 – Tropico
p. 93 – Ninna Nanna

FIGURE
p. 99 – Lettera a Neda
p. 103 – Elegia per ragazza padana
p. 105 – Versi per ragazza di Romagna
p. 109 – Versi per ragazza giuliana

CANZONETTE PER ANNA
p. 115 – Parole
p. 117 – Motivi
p. 118 – Motivi
p. 119 – Motivi
p. 120 – Motivi
p. 124 – Sei tu il bolero
p. 125 – Blood for oil

ASPETTI DEL PERCORSO
Poesie (1945)
p. 129 – Raul Maria De Angelis
p. 130 – Pietro Puliatti
p. 131 – Emilia Pignato
p. 132 – Aldo Capasso
p. 134 – Rosario Assunto
p. 135 – Garibaldo Alessandrini
p. 136 – Bortolo Pento

Poesie (1961)
p. 141 – Ettore Mazzali, Nota di presentazione
p. 143 – Pietro Pizzarelli
p. 143 – Franco Saccà
p. 144 – Loreley Rosita Borruto
p. 146 – Fedele Mastroscusa
p. 148 – Nota bibliografica


Note critiche

II Bolero è un libro che mi ha vivamente toccato per il suo valore e per il potere di evocazione che ha avuto su di me. Certo, allora le parole contavano e non erano pretesti. Ci sono nel libro pagine creativissime.

MARIO LUZI (1991)

Ho letto le pagine del Bolero con gusto e interesse per l’aria di famiglia dei nostri grandi poeti del Novecento; al centro è una creatura d’amore varia e costante, quotidiana e astrale, viva e sortita dai millenni, estinta e solare, sincrona con la nostra natura e paesaggio. La matrice dell’Alcyone si coniuga con la foscoliana e quasimodiana nel giusto temperamento musicale endecasillabico e pentasillabico.

ORESTE MACRÌ (1991)

II Bolero è la cospicua raccolta di uno dei critici letterari più attivi del nostro Novecento, nonché bilancio in poesia di una vita intellettuale tra le più fervide. Dall’ermetismo al simbolismo fino a un neo­classicismo e realismo in cui la bellezza della parola mutua in verità della realtà, l’autore percorre con misura esemplare l’accidentato territorio della poesia fatta strumento assoluto di conoscenza.

STEFANO LANUZZA (1991)

Sono liriche di una vivezza e incisività assolutamente inaspettate nel panorama della poesia contemporanea. Danno palpito alla realtà come Pasolini, come Ungaretti, con tocchi di lirismo alti, filtranti da strutture culturali meditate e da esperienze e scelte di vita impegnate e di lunga lena.

CORRADO CALABRÒ (1991)

Dalla poetica della parola si passa alla poetica dell’uomo. Gli avvenimenti incalzano e il poeta non può sottrarsi all’ansia postermetica del dire, si fa “civile”, “impegnato”, come l’ultimo Quasimodo, come Neruda. L’ultima sezione del Bolero si chiude con un’invettiva che tanto ricorda, per la commistione di ironia e drammaticità, il nerudiano “Incitamento al nixonicidio” e che è dedicata alla guerra del Golfo.

ANTONIO CATÀLFAMO (1992)

.. Sei tu il bolero è la vicenda in negativo, perdite e dolori, di un passato che riaffiora e vuole essere fermato per sempre, anzi inciso nel verso, cioè nel linguaggio necessario e assoluto della poesia. Si afferma in questi ultimi componimenti la struttura metrica composita, la ripresa della canzone classica, per esempio, al limite, leopardiana (quale sete di conversazione colloquiale e confidenziale filtrata dallo straniamento metrico e lessicale!), ovviamente rielaborata attraverso le più aeree lezioni dell’avanguardia storica novecentesca.

ETTORE MAZZALI (1993)

Scontato l’altissimo filologismo di Piromalli e il gusto stilistico-grammaticale che talora lo porta (in Sei tu il bolero) a un ripiegamento prosastico, pur di grande effetto comunque, nell’organico dell’atmosfera poematica (di TropicoNinna-nannaParole), tale formula di scavo moderno in incisivo linguaggio impreziosisce il clima espressivo e il simbolo memoriale delle altre poesie (…) Una poesia che sta nel quadro della contemporaneità come una delle cime più alte.

RENZO FRATTAROLO (1993)


Introduzione dell’autore: Realtà e poetica

(1991 – Introduzione di Antonio Piromalli a SEI TU IL BOLERO)

Questa raccolta deriva da due precedenti libri, da Poesie (Reggio Calabria 1945) e Poesie (Cittadella Veneta 1961, con prefazione di E. Mazzali), da una breve raccolta fuori commercio e senza titolo, da inediti dello stesso periodo, da qualche componimento (Lettera a Neda, Versi per ragazza di Romagna, Versi per ragazza giuliana) pubblicato sulla rivista «Ausonia» e (Elegia per ragazza padana) su «Contrappunto»: interamente inedita è l’ultima sezione.

I primi versi di questa raccolta sono nati dopo l’incontro con «Letteratura», «Corrente» e «Campo di Marte», con la civiltà letteraria dell’ermetismo. Erano gli ultimi anni Trenta, vissuti nel contrasto tra la potenza militare che sovrastava e la vita dimessa del popolo frastornato dalla roboanza imperialista (abitavo a Messina in una caserma-giardino, gli Orti della Maddalena). Il paesaggio era troppo seducente, echi del mare erano nella realtà e nei simboli, le colline erano chiostri di sogni, il risentimento politico e sociale si trasferiva nell’impegno lirico. La dimensione letteraria alta non consentiva indignazione morale, il sottile lavoro letterario permetteva di estraniare nel magismo la solitudine del paese calabrese di origine che risuonava di grevi passi di contadini, di cani rosicanti, di vecchie dagli occhi di serpi che inventavano presagi ed esorcismi. Era il paese di Fortunato Seminara. L’ermetismo forniva elegia, immagini di esilio e di patria perduta al tradimento della storia, cancellava i primi segni del classicismo scolastico ma rendeva inobliabile la nostalgia infusa da Quasimodo nelle sue traduzioni dal greco.

Quella prima cultura poetica aveva come sfondo un simbolismo un po’ magico di tradizione dannunziano-paradisiaca con rallentamenti che fermavano stupori, apparizioni, contemplazioni; la tradizione crepuscolare alquanto disfatta fermava gli indugi su un paesaggio e su un «eros» giovanile (chiome, veli, vesti femminili) sentiti in modo fresco e immediato. La formazione era avvenuta in una città, Messina, ricostruita (dopo il terremoto del 1908) in un ridimensionamento dello spessore civico, di limitata creatività, di eclettismo. Il meglio dell’ambiente urbanistico era l’estrosità del «liberty». In tale ambiente, dove era sorta la poesia simbolista, negli anni Trenta c’è una nuova fioritura di poesia con Salvatore Quasimodo, Vann’Antò, Giovanni Calabrò, Luciano Nicastro, Luca Pignato, di diversa e complessa formazione. Il simbolismo di chi scrive appartiene, invece, alla generazione che si incontra con l’ermetismo perdendo il tritume spiritualistico, misticheggiante, esoterico, scavalcando le evasioni nell’Ombra, nel Silenzio, nell’Ignoto, nell’Abisso: l’ermetismo fu forte impegno di carattere morale.
L’ambiente non era solamente il «liberty». C’era anche il porto con la darsena, il cantiere, i bastioni, le navi da guerra, i traghetti, i battelli, i rimorchiatori, le chiatte, i «caik», i «docks», l’immensa Dogana, le reti antisommergibili, i palloni frenati, durante la guerra, motivi che inducevano a registrare oggettive presenze, simboli montaliani di un tragico destino di impossibilità, di eventi incombenti. I luoghi e i tempi diventano miti della poesia ma quando i tradimenti della storia sono macerie quotidiane la poesia è nelle strade del mondo, i materiali cozzano con stridori di distacchi e nel mondo interiore si registrano i segni e le ferite. La letteratura sempre alta imponeva velature al dolore, schermi agli scherni e rendeva meno vera la verità. Il palischermo montaliano consentiva, però, di correre acque più perigliose e rugginose, di avere strumenti più idonei a numerare le perdite.
Vennero altri ambienti, Livorno, Ferrara, città diversamente popolari e amatissime. Ferrara: una civiltà del Novecento sentita attraverso Antonio Rinaldi, Claudio Varese, Mario Pinna, Bruno Cavallini, Agostino Buda e tanti altri e una militanza politica ardente. Fu anche l’incontro con le nebbie, col Po, con la Bassa delle lagune, con l’officina pittorica, col problema della corte Estense e del rapporto con la cultura, con uomini legati alla sua vita come Florestano Vancini, Mario Roffi, Franco Giovanelli, Renato Costetti, Adriano Piccolomini, ecc.
Seguirono i quasi due decenni a Rimini con dimore a Bologna, Caracas: sperimentalismo, neo-avanguardia non infransero l’ermetismo (un po’ simbolistico, un po’ classicizzato nella tecnica), nelle Poesie del 1961 Ettore Mazzali indicava le tracce linguistiche montaliane e “l’altro-da-Montale” e Ferruccio Ulivi l’influenza di Rilke. Composizioni di più vasta misura oltrepassavano anche strutturalmente — e negli accenti — l’unitonalità della prima raccolta, motivi di fratture non davano, più, spazio all’estenuazione musicale, il timbro era diverso nel quadro dei mutamenti gnoseologici ai quali il critico si volgeva con attenzione ai dialetti, alla cultura popolare, a quella delle regioni, al rapporto tra la Musa e la folla: l’Emilia e la Romagna (ma anche la società meridionale) offrivano campo alle nuove metodologie.
Dagli anni Settanta ad oggi la letteratura di massa ha moltiplicato i livelli letterari nonché le combinazioni artistiche. Al 1971 risale la mia amicizia con Ruggero Jacobbi, il più raffinato, completo conoscitore della cultura del Novecento, impegnato totalmente secondo le poetiche del surrealismo e dell’ermetismo. Ruggero entrò subito in un organismo didattico centrale del Ministero della Pubblica Istruzione da me diretto e abbiamo percorso l’Italia per aggiornare i docenti delle scuole medie superiori in anni di lavoro costruttivo. In memorabili dibattiti Ruggero indicò che la lirica non voleva essere più lirica, che era entrato — ed era un fatto morale, di libertà — un diluvio di irrazionalismo, di sperimentalismo, di neo-surrealismo, di sotterranea articolazione dello sfasciamento della sintassi e della lingua che derivavano — tardi, molto tardi — dal non avere saputo sviluppare il futurismo dall’interno e dal non avere avuto un surrealismo a tempo debito. Adesso esplodeva il bisogno di dire la verità più che di esprimere bellezza, di provocare l’abisso per non mascherarsi nei sentimenti equilibrati giustificati da una storicità che gli eventi travalicavano.
Il conflitto dialettico era questo e le nostre ultime poesie nascono anche dalla consapevolezza della frattura etica, sociale, culturale che abbiamo vissuto — con una guerra assurda e canagliesca — in questi ultimi mesi. Le parole vere sono gli strumenti nuovi, non quelli ripetitivi. Col pensiero rivolto a Ruggero Jacobbi — al cui ricordo questo discorso è dedicato, alla sua «avventura» nel Novecento di tutti i paesi — concludiamo ripetendo le parole con le quali egli chiudeva il Secondo Novecento: «E’ sempre il libro di domani, non quello d’oggi, a confermarci che ieri valeva la pena di provocarlo, di aiutarlo a nascere».

Roma, febbraio 1991

Antonio Piromalli


Dove trovare questo libro

Il volume risulta essere disponibile presso le biblioteche sotto elencate
(dal catalogo in rete del Servizio Bibliotecario Nazionale):

  • FC0011 – Biblioteca comunale Malatestiana – Cesena – FC
  • FC0028 – Biblioteca comunale – Gambettola – FC
  • FI0098 – Biblioteca nazionale centrale – Firenze – FI
  • MO0201 – Biblioteca del Laboratorio di poesia – Modena – MO
  • PU0204 – Biblioteca della Fondazione Bo per la letteratura europea moderna e contemporanea dell’Università degli studi di Urbino – PU
  • RA0036 – Biblioteca comunale Classense – Ravenna – RA
  • RM0267 – Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II – Roma – RM

Docenza

Antonio Piromalli tra Roberto Ferrauto ed Ersilia Oricchio - Foligno 1974

[ Nella foto: Seminario di aggiornamento presso il Laboratorio Centrale di Foligno, 1974 – Antonio Piromalli è tra Roberto Ferrauto, preside, ed Ersilia Oricchio, funzionaria dell’ufficio ministeriale AIM. In seconda fila, a sinistra, l’ispettrice Vera Lombardi.]

Preside nei licei, provveditore, ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione, Antonio Piromalli è stato profondo conoscitore della scuola, anzi di tutte le scuole, del nostro Paese: per aver visitato istituti in ogni luogo d’Italia; per avere esaminato migliaia di candidati docenti e presidi; ma specialmente per l’opera di innovazione dei metodi didattici, svolta, da ispettore, attraverso l’ufficio “A.I.M. – Aggiornamento Insegnanti e Metodi” costituito presso il Ministero della Pubblica Istruzione.
Insieme con un piccolo gruppo di valenti collaboratori Antonio Piromalli, nel corso degli anni settanta, ha promosso il rinnovamento della scuola media superiore ideando ed attuando un gran numero di corsi di aggiornamento e seminari per docenti e per presidi, impostati su innovativi criteri di interdisciplinarità.




L’opera di rinnovamento didattico

Da questa nuova “cattedra” riusciva a coinvolgere per la prima volta, in qualità di “formatori” dei docenti, personaggi tra i più significativi della cultura italiana: come Mario Sansone, Giuseppe Petronio, Giuliano Manacorda, Giorgio Bàrberi Squarotti, Alberto Asor Rosa, Ettore Mazzali, Bruno Maier, Pier Paolo Pasolini, Ruggero Jacobbi e molti altri.
Sono presentate di seguito alcune testimonianze di questa attività, iniziando da quella del preside prof. Luciano Messina, compartecipe e collaboratore in quella sperimentazione.


La mia sociologia della letteratura

Il seguente brano di Antonio Piromalli, che ricorda l’opera interdisciplinare sperimentata per il tentativo di “svecchiamento didattico” dei programmi ministeriali, è tratto dal più ampio articolo intitolato La mia sociologia della letteratura e pubblicato sulla rivista “PROBLEMI” n. 106 (settembre – dicembre 1996).

Per chi aveva desiderio profondo morale di partecipare al rinnovamento della società la protesta giovanile del Sessantotto non poteva non suscitare grandi speranze di assistere al mutamento della società cristallizzata e inerte e delle sovrastrutture che direttamente o indirettamente ne riflettevano la putrefazione: scuola sclerotizzata e narcotizzata, università governata da baroni che occupavano posti di comando e non producevano alcuna attività sociale.

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Inchiesta attuale sulle minoranze etniche e linguistiche
in Calabria

Sul tentativo di portare nella scuola la conoscenza e la tutela delle culture minoritarie, dal volume Inchiesta attuale sulle minoranze etniche e linguistiche in Calabria, di Antonio Piromalli, 1981:

“Nella scuola media superiore l’eco dei corsi dell’AIM sulle minoranze, su scuola e dialetto, cultura nazionale e culture regionali e locali è stata profonda e si sono avute ricerche, sperimentazioni, lavori di gruppo nonché progetti di sessioni su etnie e linguaggi alpini.

L’eco si è avuta anche nelle tematiche di concorsi e di progetti di programmi scolastici ministeriali: a condizione che restasse, però, congelata nelle enunciazioni ufficiali, che restasse “tema” e non espressione di una realtà vivente.

Infatti la ottusità culturale di due ministri, di qualche sottosegretaria, nonché il servilismo di qualche alto burocrate, la rozza faziosità di politici di maggioranza e l’insensibilità di qualche dirigente politico di sinistra hanno consentito e aiutato l’abolizione dell’ufficio AIM e dei corsi di aggiornamento del Ministero della P.I.: perché il dibattito dei docenti era collegato con la riforma delle strutture della scuola media superiore e la riforma della scuola era ipotizzata in connessione con le opportune e convenienti riforme della società.

Oggi si ha una scuola allo sbando; caotica, priva di motivi ideali e con mezzo milione di docenti da aggiornare. Ma nulla di ciò che è umano ed ha rapporto con la realtà può morire, e i problemi delle minoranze, dei dialetti, delle culture locali sono entrati più largamente nella coscienza nazionale quanto più contro di essi si è venuta esercitando l’azione delle maggioranze fautrici dei valori di consumo e quanto quanto più la difesa di quei problemi è divenuta la difesa dai mass-media, dagli slogan, dalla omogeneizzazione di mercati e di culture”.

(leggi il brano completo)>


Un pioniere dell’aggiornamento culturale

di Luciano MessinaStudi in onore di Antonio Piromalli,
E.S.I., Napoli 1993

[…] Una singolare «cattedra» si rivelò per Piromalli l’incarico, meglio, la funzione di ispettore centrale del Ministero della Pubblica Istruzione.
.. Ho avuto la ventura di conoscere negli anni sessanta e di apprezzare per molto tempo la preziosa e generosa attività di promozione culturale e didattica da lui svolta, nell’esercizio della sua alta funzione ispettiva, in favore della scuola italiana e segnatamente dei presidi e dei docenti della media superiore, sui quali seppe rovesciare, sia pure attraverso la modesta struttura di un piccolo, troppo piccolo ufficio ministeriale – l’A.I.M. -, fasci di luce e fremiti di volo e di nuovo, senza i quali la scuola nostrana sarebbe fatalmente rimasta a lungo in letargo e, inseguendo farfalle e fantasmi sotto l’Arco di Tito, avrebbe continuato a imbottire soltanto cervelli, in attesa della tanto sospirata riforma.[…]
E’ un buco, che sa di «topaia» per il suo scarso e quasi squallido arredo, ma nei pochi metri quadrati ..
 (continua)


Come un lascito oscuro e delicato…

di Lorenza M. Meletti, Studi in onore di Antonio Piromalli,
E.S.I., Napoli 1993

Un “angolo di nostalgia e di gratitudine”: è la seguente testimonianza scritta nel 1993 da una “ex corsista, divenuta amica”, la compianta Lorenza M. Meletti.

Il Sessantotto, non ancora ridotto a memoria, né forse a nostalgia, ci era appena alle spalle: un lascito di fermenti e di dolore, di esaltazione e d’inquietudine. Proprio in quell’anno si era ufficialmente avviato il mio cammino d’insegnante. Dico «cammino» perché nella parola «carriera» sento un quid di spocchioso, o almeno di sproporzionato, e perfino di beffardo; e dico «ufficialmente» perché (ci si ricorda mai di quanto fosse disertato allora questo difficile mestiere?) il caso, la curiosità, talvolta perfino il bisogno avevano «messo in cattedra» molti laureandi e anche semplici studenti – e fu il mio caso – per i quali l’acquisizione del cosiddetto titolo pareva destinata a poco mutare, quanto a prospettive d’una routine decorosa e grigia.
Ma ci fu il Sessantotto, dicevo.
Fossi stata anche di un solo anno più giovane l’avrei «fatto» anch’io
(continua)


Aggiornamento e metodologie

di Pietro Tripodi, Studi in onore di Antonio Piromalli,
E.S.I., Napoli 1993

Si riporta uno stralcio della testimonianza del Prof. Pietro Tripodi, già Direttore dei Laboratori Centrali di Foligno, assiduo protagonista nell’attività di aggiornamento metodologico della scuola superiore italiana.

[…] L’attività di aggiornamento portata avanti dalla Direzione generale classica non ha interessato soltanto le discipline scientifiche, ma anche quelle storico-letterarie; si completa così l’aggiornamento culturale e metodologico di tutta la scuola.
Questa attività è stata pensata, programmata ed attuata dall’Ispettore centrale del Ministero della P.I., prof. Antonio Piromalli, il quale ha alle sue spalle un prestigioso cursus honorum di saggista, critico letterario, studioso ed esperto di letterature regionali, libero docente incaricato di lingua e letteratura italiana e più tardi ordinario.. Egli organizzò tutte le sessioni di lavoro con intelligenza e competenza tali da ottenere non solo il pieno assenso del mondo accademico e universitario, ma anche la collaborazione dei docenti universitari quali relatori nelle varie sessioni di lavoro.
Fu un lavoro lungo e, all’inizio, duro, perché si trattava di aprire la scuola a nuove tematiche 
(continua).


Un breve passo tratto dalla relazione tenuta da Giuseppe Faraco (1937 – 1998), papàs di rito ortodosso, illustre rappresentante delle comunità albanesi di Calabria, in occasione di una sessione di lavoro per insegnanti di scuole medie superiori, avente come oggetto il problema delle minoranze in Italia, da:

Gli Albanesi d’Italia

di Giuseppe Faraco, relazione pubblicata
a cura di Ulderico Bernardi in
Le mille culture
Coines, Roma, 1976, pp. 194 – 211

” […] La riconoscenza degli Italo – Albanesi va in tal caso, innanzi tutto, al professor Antonio Piromalli, ispettore nazionale alla Pubblica Istruzione. Egli infatti, a livello nazionale, ha posto il problema nei corsi di aggiornamento per insegnanti, organizzando due sessioni di lavoro, rispettivamente la prima a Roccella Jonica sul tema Cultura delle comunità greca e albanese in Calabria, dal 21 al 30 aprile 1975; l’altra a Lecce dal 20 al 25 ottobre 1975 sul tema Dialetto e scuola “.



Il magistero

Docente nei licei, e ben presto nelle università – a Bologna, Urbino, Salerno e Cassino – professore ordinario e poi emerito, Piromalli ha insegnato con passione e rigore intellettuale per cinquantacinque anni: dal 1942 al 1997.
Sotto, alcuni brani della testimonianza dell’illustre collega universitario Prof. Antonio Fusco:

Piromalli a Cassino

di Antonio Fusco, Letteratura & Società,
nº 17-18, 2004, p. 159

Per la “Cultura” Antonio Piromalli resta un punto di riferimento e, tra i suoi meriti essenziali, va segnalata la capacità con cui sapeva conquistare il pubblico e dare alle sue lezioni quell’atmosfera di “partecipazione” che è essenziale elemento di “comunicazione” e di “insegnamento”.

Lo vedo ancora quando dalla cattedra, alzandosi in piedi, univa alle parole una gestualità che, ben lontana dalla teatralità, riusciva a sottolineare con estrema efficacia i punti essenziali della “lezione”. Ricordo in particolare una rievocazione di Grazia Deledda in cui pareva quasi di vivere, in prima persona, l’atmosfera del Nuorese nelle sue sfumature cromatiche, nei suoi tramonti e nel suo fascino non privo di mistero e di sortilegio..

Ma Piromalli non era un romantico nel senso deteriore del termine. E quindi accanto ai toni folkloristici e paesaggistici egli era capace di una analisi estetica e psicologica esatta, puntuale e, ai limiti, puntigliosa nei suoi termini per cui, alla fine, l’uditorio veniva coinvolto in un pathos che univa in mirabile sintesi la logica e l’emotività. E, alla fine della lezione, egli era, nello stesso tempo, stanco e soddisfatto e nei suoi occhi si leggeva tutta la profonda passione che lo legava all’Arte in genere e alla Letteratura, in particolare; Letteratura intesa come viva e potente creazione artistica.

Altra sua caratteristica essenziale, che conferma la complessità e la completezza del suo insegnamento, è la capacità che aveva di legare il fatto letterario o storico all’attualità.

Piromalli non cercava la chiave oleografica, né si limitava ad essere un laudator temporis acti. Al contrario, cercava i nessi tra passato e presente e, giustamente, metteva in evidenza gli aspetti validi, universalmente, dell’opera letteraria. Suo grande merito resta anche il fatto che egli sapeva trovare questi “valori” non solo in giganti come Dante, ma anche in autori cosiddetti minori come Alba Florio, Luca Pignato, Albino Pierro e tanti altri.

Antonio Piromalli infatti non solo ha rivalutato molti autori, ma ha anche, letteralmente, fatto conoscere agli italiani, scrittori che, senza di lui sarebbero rimasti sconosciuti anche ad una parte degli addetti ai lavori, compreso il sottoscritto che deve al collega il piacere di aver potuto conoscere e apprezzare opere che, diversamente, non avrebbe conosciuto.
E, infine, ulteriore suo merito è l’aver esaminato ed evidenziato per ogni autore i risvolti sociali del discorso letterario e aver proiettato nel presente situazioni, credenze, costumi che arricchiscono non solo la conoscenza del passato, ma si inseriscono come elementi vivificanti in quel difficile e plurivalente fine ultimo del “sapere” che è quello di comprendere il presente senza dimenticare il passato.

A questo punto il discorso potrebbe anche terminare ma, quando si pensa ad un amico scomparso, i ricordi vengono alla mente come un torrente in piena e non è possibile concludere senza un accenno ad un altro aspetto, poco frequente nel mondo accademico, della personalità di Piromalli: la sua modestia.
Antonio non ha mai cercato di imporre le sue idee; non riteneva valido il discorso ex-cathedra; egli cercava soltanto il dialogo; dialogo con gli studenti, dialogo con i colleghi al fine di arricchire la sua esposizione con gli argomenti che dal dialogo stesso emergevano.

E in tale ottica si capisce perché, su sua iniziativa, sono convenuti a Cassino studiosi e specialisti di valore indiscusso in cui Piromalli cercava non tanto la abusata “chiara fama”, ma soprattutto la possibilità di offrire agli allievi contributi culturali che, personalmente, credeva (forse a torto) di non potere approfondire. In questo senso e su tale linea egli è stato anticipatore di quel respiro europeo e, in senso più lato, mondiale che oggi, in condizioni geo-politiche diverse, è una consuetudine che si concretizza nei vari programmi Erasmus e iniziative di tal genere. Sempre in tale prospettiva si pongono i vari convegni da lui promossi e, in particolare, il convegno su “Positivismo e Verismo”.

In proposito mi viene alla mente un piccolo aneddoto che, come tutti gli aneddoti, ha un significato personale e particolare. Alla fine del convegno mentre io mi congratulavo con lui per la perfetta riuscita della “manifestazione”, egli mi rispose semplicemente: «Non devi congratularti con me, ma con i ragazzi che mi hanno, in ogni momento, sorretto con il loro appoggio e con il loro entusiasmo giovanile. Io sono stato soltanto l’interprete dei loro desideri».

[…] E qui siamo giunti ormai alla conclusione. Ma nessuna conclusione si può chiudere soltanto con considerazioni che riguardano il passato, sia pure come entusiasmante ricordo.
In questo senso basta ricordare la Prolusione per l’apertura dell’anno accademico in cui fu conferita la laurea honoris causa a G. Bonaviri; Antonio Piromalli, in quell’occasione, superò se stesso, avvolto nella toga universitaria in una “figurazione” che mi ricordò Quinto Florenzio Ortalo, chiuse la lezione inaugurale con un ondeggiamento, privo di qualsiasi retorica, della propria toga, dovuto alla commozione profonda che lo dominava in quel momento, contestualmente semplice e solenne.

La vita


Cronologia sintetica

– 1920, 3 settembre
Antonio Piromalli nasce a Maropati, paese della piana di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria, da Vincenzo Piromalli e Rosa Seminara.

– 1925-1938
Ultimo di quattro fratelli, è l’unico che può proseguire negli studi – malgrado le modeste condizioni economiche della famiglia – grazie allo zio ufficiale che lo conduce e lo ospita a Messina. A tredici anni scrive le prime poesie. A partire dai sedici anni pubblica articoli di critica letteraria e poesie su quotidiani e riviste. Anticipa di un anno l’esame di maturità classica per consentire allo zio, ammalatosi, di fare ritorno al paese. Conosce e frequenta Turi Vasile, Mario Spinella, Vann’Antò.

– 1939-1941
Nel 1939 pubblica il suo primo saggio, su Antonio Fogazzaro. Nell’anno successivo ripercorre luoghi fogazzariani per approfondire la tesi di laurea; a Vicenza incontra Piero Nardi, Raffaello Viola, Gaetano Trombatore; a Roma conosce e frequenta Ugo Betti. Si laurea in lettere nel 1941. Diventa docente titolare nei Licei, ma viene ben presto chiamato alle armi: le operazioni militari lo portano come ufficiale in Piemonteinsieme con Rosario Assunto e Raf Vallone, in Toscana dove incontra Riccardo Marchi, in Sardegna dove entra in contatto con Giuseppe Miligi e Giuseppe Dessì.

– 1945
Terminata l’esperienza della guerra, si dedica alla vita politica e culturale con crescente impegno etico e civile. Aderisce attivamente al partito comunista ed inizia – come professore a Reggio Calabria – una lunga e intensa carriera di docente e promotore di cultura. Conosce e frequenta Giuseppe Petronio, Nino Malara, Luca Pignato, Galvano Della Volpe. Pubblica il foglio letterario Antidogmatica con Pietro Pizzarelli, e fonda con Michele Nesci la rivista «Maestrale» alla quale collaborano Ugo Betti, Luigi Bartolini, Arturo Stanghellini, Paolo Enrico Arias, Lionello Fiumi, Salvatore Pugliatti. Pubblica la sua prima raccolta Poesie.

– 1946-1950
Si trasferisce a Ferrara, città ove si integra con un folto gruppo di attivi intellettuali, tra i quali Florestano Vancini, Bruno Cavallini, Vincenzo Cavallari, Mario Roffi, Riccardo Marchese, Claudio Varese. A Ferrara, tra attività politica ed insegnamento, imposta i primi studi intorno a società estense ed Ariosto. Qui inoltre conosce Vittoria Nassetti, con la quale nel gennaio 1950 si unisce in matrimonio.

– 1951
Rimini, dove la coppia si stabilisce, nasce nel gennaio 1951 il figlio Lanfranco. Prendono le mosse da questa città gli studi sulla cultura della corte dei Malatesta, sulla letteratura del Settecento e su Aurelio Bertola, quindi sulla poesia di Giovanni Pascoli. Entra in contatto con Renato Zangheri, e partecipa alla giuria del Premio Cattolica con Salvatore Quasimodo, Eduardo De Filippo, Lanfranco Caretti, Emilio Sereni. È questo il primo concorso di poesia dialettale del dopoguerra, presieduto dal suo “maestro ritrovato” Luigi Russo.

– 1956-1958
Consegue la libera docenza in Letteratura Italiana nel 1956.
Lasciata la politica attiva dopo i fatti d’Ungheria, si trasferisce in Venezuela, a Caracas, come addetto presso l’Istituto Italiano di Cultura. Decide poi di ritornare in Italia per dedicarsi attivamente all’insegnamento, che esercita nelle Università di Bologna dove conosce Francesco Flora e Raffaele Spongano, e all’Università di Urbino diretta da Carlo Bo. Dopo il trasferimento della famiglia a Bologna, il matrimonio ha termine nel 1958 con la separazione.

– 1958-1966
Inizia un lungo periodo in cui Piromalli svolge attività di esaminatore nei concorsi a cattedre per le scuole medie superiori. A sua volta sostiene con successo continue prove di concorso ed esami: acquisisce una seconda libera docenza (in Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea, 1958), vince il concorso a Preside nelle scuole superiori (1960), poi a Provveditore agli Studi (1964), e infine a Ispettore Centrale del Ministero della Pubblica Istruzione (1966).
Negli stessi anni pubblica la sua seconda raccolta di Poesie (1961) e continua a condurre intense ricerche, a collaborare alle principali riviste di italianistica, a pubblicare saggi critici: nel 1963 L’Arcadia, nel 1965 La letteratura calabrese (prima storia organica della cultura di quella regione) e la raccolta di saggi Dal Quattrocento al Novecento, nel 1966 i volumi su Gioacchino da Fiore e DanteGiuseppe PariniFortunato Seminara.
Dal 1964 Piromalli intensifica anche la sua appassionata attività di polemista concentrato sull’attualità politica e sociale, attraverso la serie di scritti intitolati Lettere vanitose. Questa rubrica giornalistica sarà costantemente sviluppata nel corso degli anni attraverso lucidi e coraggiosi interventi (pubblicati su varie riviste e in parte raccolti nell’omonimo volume del 1985) sui mali della repubblica delle lettere, sugli aspetti più dolenti della questione meridionale, sul decadimento della politica.

– 1967-1969
Pubblica Saggi critici di storia letteraria (1967)Michelstaedter (1968), Grazia Deledda (1968), Ariosto (1969), Studi sul Novecento (1969).

– 1970
Si trasferisce a Roma per dedicarsi più agevolmente all’insegnamento universitario, ora presso la nuova sede di Cassino, e specialmente agli incarichi ministeriali presso la Direzione Generale Istruzione Classica. Resterà tuttavia sempre legato alla Romagna e in particolar modo alla città di Rimini ove trascorrerà ogni anno vari periodi, sviluppando relazioni culturali e conducendo studi e ricerche sulla cultura regionale.
Pubblica il volume di saggi critici Indagini e letture. Assume la direzione della collana “Il Portico” (Longo Editore, Ravenna), per la quale selezionerà nel corso di vari decenni una cospicua e qualificata produzione italianistica.

– 1971-1976
In questi anni, mediante l’ufficio di “Aggiornamento Insegnanti e Metodi”, Piromalli esplica il suo ruolo di ispettore centrale creando in tutta Italia una innovativa “cattedra” che opera per l’aggiornamento di docenti e presidi delle scuole superiori di tutta Italia e per la modernizzazione dei programmi scolastici. Piromalli ritiene che alle culture minoritarie debba essere riconosciuta pari dignità, e opera attivamente affinché le lingue e letterature delle varie comunità siano concretamente inserite nei programmi didattici della scuola statale superiore.
Riesce a coinvolgere, in qualità di formatori, personaggi tra i più significativi della cultura italiana: come Pier Paolo Pasolini (del quale cura l’edizione originale di Volgar’eloquio), Boris Pahor, Mario Sansone, Giuseppe Petronio, Ruggero Jacobbi, Giuliano Manacorda, Ettore Mazzali, Bruno Maier, Gaspare Barbiellini Amidei, Alberto Asor Rosa, e molti altri.
Nello stesso periodo pubblica: Disegni storici e aggiornamenti critici (1971), Ideologia e arte in Guido Gozzano (1973), Miti e arte in Antonio Fogazzaro (1973).
Tra i primi in Italia, Piromalli inizia a riesaminare criticamente la narrativa di consumo nelle sue varie forme: nel 1976 pubblica la monografia su Guido da Verona, primo approfondito studio critico sull’opera complessiva di un narratore che era stato alquanto trascurato dalla critica letteraria. Seguiranno i saggi sull’avventura di Emilio Salgari, sui romanzi di Giuseppe Garibaldi, sul fumetto di Hugo Pratt.

– 1976-1984
È professore ordinario di Lingua e Letteratura Italiana presso l’Università di Salerno. Approfondisce in questi anni la propria ricerca nella direzione della cultura popolare e dialettale, curando la pubblicazione di numerosi testi inediti e lo studio di autori ancora poco trattati dalla critica ufficiale. Sono di questo periodo i saggi su Vann’AntòVincenzo AmmiràGiovanni ConiaPasquale CreazzoMichele De MarcoNicola GiuntaMichele PaneEnotrio PuglieseGian Lorenzo CardoneGiuseppe Gioacchino BelliTrilussaPietro RossiGiustiniano Villa e molti altri.
Al volume monografico su Albino Pierro (1979) seguono: Società e cultura in Calabria tra Otto e Novecento (1979), Società, cultura e letteratura in Emilia e Romagna (1980), Inchiesta attuale sulle minoranze etniche e linguistiche (1981), La storia della cultura a Rimini nell’Ottocento (1981), Nino Pino (1982), Letteratura e cultura popolare (1983).
Nel 1980 viene insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana.

– 1984-1997
Svolge l’insegnamento di Lingua e Letteratura Italiana presso l’Università di Cassino, dove sarà infine nominato professore emerito. Proprio lavorando in questa Università subisce nel 1994 un grave infarto, dal quale si riprende faticosamente.
Nel 1989 gli è conferito il Diploma di medaglia d’oro dei Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte con decreto del Presidente della Repubblica
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Nella Storia della letteratura italiana (oggi in versione elettronica liberamente consultabile in rete, dopo le due edizioni cartacee 1987-1994) Piromalli elabora una compiuta sintesi dei suoi vastissimi studi critici, che spaziano da Dante ai contemporanei, arricchiti e filtrati dalla quotidiana esperienza di aggiornatore didattico, “lavoro collettivo con migliaia di docenti in anni di intensi dibattiti e di forti tensioni”.
In questi stessi anni pubblica: Introduzione a Carducci (1988, primo volume della collana Laterza “Gli Scrittori”) e Introduzione a Fogazzaro (1990). Seguono Utopia e realtà nelle letterature regionali (1991), Pagine Siciliane (1992), Letteratura illuministica e altri studi (1996). Continua la ricerca e la pubblicazione di testi letterari inediti. Prosegue l’attività di polemista, e raccoglie in volume il primo gruppo di scritti della rubrica Lettere vanitose (1985). Riprende e intensifica la produzione poetica, con Sei tu il bolero (1991), Ti estraggo dai tifoni (1993), Da un’altra stanza (1996), La ragazza di Ferrara (1997).

– 1997-2003
Anche in questi ultimi anni, malgrado le incerte condizioni di salute, Piromalli è operosissimo: come poeta, come studioso, come organizzatore di cultura, come conferenziere, ovunque disponibile al confronto culturale.
Pubblica L’attività letteraria di Ruggero Jacobbi (2000), la Antologia della letteratura calabrese (2000, con Carmine Chiodo) La cultura letteraria nelle corti dei Malatesti (2002). Dirige il comitato scientifico della Fondazione nazionale intitolata a Fortunato Seminara, autore del quale promuove e cura la pubblicazione dei romanzi inediti: L’arca (1997), La dittatura (2002), Il viaggio (2003), Terra amara (2005).
Nel 1999 fonda la rivista «Letteratura & Società», che dirigerà con crescente successo fino al giorno della scomparsa.

– 2003, 7 giugno
Piromalli è a Polìstena, cittadina limitrofa al paese natale. Al termine della riunione di comitato scientifico della Fondazione Seminara, si avvia verso la sala comunale, dove un folto pubblico lo attende per la presentazione del romanzo inedito Il viaggio (pubblicato a sua cura solo pochi giorni prima). Ma un nuovo infarto lo colpisce in modo definitivo.

Riposa ora nel “Recinto della memoria” del cimitero di Maropati, accanto a Fortunato Seminara e al poeta Rosario Belcaro. Per un grande numero di persone Antonio Piromalli è stato fino in fondo un punto di riferimento, un maestro di pensiero e di cultura, di ethos e di umanità.

Maropati, il paese natale di Antonio Piromalli, sullo sfondo della valle

Maropati, in fondo alla valle

Antonio Piromalli in divisa da Balilla, Messina 1928

In divisa da Balilla, Messina 1928

Antonio Piromalli, in armi a Pescia nel 1942

In armi a Pescia, 1942

Maestrale, la rivista fondata nel 1945 con Michele Nesci

«Maestrale», la rivista fondata nel 1945

Antonio Piromalli con la moglie Vittoria e il figlio Lanfranco, Capodanno 1956

Capodanno 1956, Rimini

Antonio Piromalli preside a Cesena, 1963

Preside a Cesena, 1963

Antonio Piromalli nella neve davanti alla Rocca Malatestiana, Rimini 1966

Nella neve davanti alla Rocca Malatestiana, Rimini 1966

Antonio Piromalli: prolusione all'Università, 1991

Prolusione all’Università, 1991

Antonio Piromalli , Piombino 2001

Piombino, 2001

Antonio Piromalli col nipote Leonardo, in Romagna, 2001

Col nipote Leonardo, in Romagna, 2001

Antonio Piromalli nello studio di Roma, Via Alfredo Casella 19

Nello studio di Roma, Via Alfredo Casella 19

La tomba di Antonio Piromalli: nel Recinto della Memoria del cimitero di Maropati

Il “Recinto della Memoria” del cimitero di Maropati


Elementi per un’autobiografia

Panorama di Maropati, il paese natale di Antonio Piromalli

Un’autopresentazione scritta da Antonio Piromalli all’età di 51 anni (clicca per leggere l’auto-biografia di Antonio Piromalli).