Forlì, Forum-Quinta Generazione, 1991 – collana “Assemblage”

ESAURITO


Indice del volume 

p. 5 — Realtà e poetica (introduzione dell’autore)

PENOMBRE
p. 11 – Sogni
p. 12 – Volti di adolescenti
p. 13 – Primavera
p. 14 – Apparizione
p. 15 – Città
p. 16 – Novembre
p. 17 – Paese
p. 18 – Ritorno

 SERALE
p. 21 – I – II
p. 22 – III – IV
p. 23 – V – VI
p. 24 – VII- VIII
p. 25 – IX
p. 26 – X
p. 27 – XI
p. 28 – XII

COME ARIDA FOCE
p. 31 – Ora che sei remota
p. 32 – E Tu, Signore, hai cura?
p. 33 – Attesa a Livorno
p. 34 – Forse la più bella Emilia
p. 36 – Quando non avrà peso
p. 37 – Come potrò donare?
p. 38 – Come arida foce
p. 39 – Bruna
p. 40 – Parole
p. 42 – I morti
p. 43 – Come carboni spenti

VICTORIA
p. 47 – Come potrò dimenticare
p. 48 – Guardiamo la ruggine dei cieli
p. 49 – Sirio danza tra nubi
p. 50 – La musica di brina
p. 51 – Sempre per mano
p. 52 – La tua luce di viola
p. 53 – Il vero sorriso
p. 54 – L’isola di rosa

IL CORDAME CHE STRIDE
p. 57 – Nebbia
p. 58 – Il bianco in nero
p. 59 – Veri e non veri
p. 60 – Barlumi: I – II
p. 61 – Barlumi: III – IV
p. 62 – Elisa
p. 63 – Canzonetta per Neda
p. 64 – Elegia
p. 65 – L’alga del sorriso
p. 66 – Un volto lontano
p. 67 – Laura
p. 68 – Neda
p. 69 – Montenero
p. 70 – La fiamma
p. 71 – Vergine fugace
p. 72 – Europa
p. 73 – Poi scendemmo nel sole
p. 74 – Non dipartirti
p. 75 – Come tutto è diverso
p. 76 – Carnevale
p. 77 – Favola antica
p. 78 – Cinzia
p. 79 – Con le ruote del tempo
p. 80 – La sua voce scozzese
p. 81 – Momento
p. 82 – Per le nozze dell’amico
p. 83 – Neda
p. 84 – Arcana
p. 85 – Eliana

TROPICO
p. 89 – Tropico
p. 93 – Ninna Nanna

FIGURE
p. 99 – Lettera a Neda
p. 103 – Elegia per ragazza padana
p. 105 – Versi per ragazza di Romagna
p. 109 – Versi per ragazza giuliana

CANZONETTE PER ANNA
p. 115 – Parole
p. 117 – Motivi
p. 118 – Motivi
p. 119 – Motivi
p. 120 – Motivi
p. 124 – Sei tu il bolero
p. 125 – Blood for oil

ASPETTI DEL PERCORSO
Poesie (1945)
p. 129 – Raul Maria De Angelis
p. 130 – Pietro Puliatti
p. 131 – Emilia Pignato
p. 132 – Aldo Capasso
p. 134 – Rosario Assunto
p. 135 – Garibaldo Alessandrini
p. 136 – Bortolo Pento

Poesie (1961)
p. 141 – Ettore Mazzali, Nota di presentazione
p. 143 – Pietro Pizzarelli
p. 143 – Franco Saccà
p. 144 – Loreley Rosita Borruto
p. 146 – Fedele Mastroscusa
p. 148 – Nota bibliografica


Note critiche

II Bolero è un libro che mi ha vivamente toccato per il suo valore e per il potere di evocazione che ha avuto su di me. Certo, allora le parole contavano e non erano pretesti. Ci sono nel libro pagine creativissime.

MARIO LUZI (1991)

Ho letto le pagine del Bolero con gusto e interesse per l’aria di famiglia dei nostri grandi poeti del Novecento; al centro è una creatura d’amore varia e costante, quotidiana e astrale, viva e sortita dai millenni, estinta e solare, sincrona con la nostra natura e paesaggio. La matrice dell’Alcyone si coniuga con la foscoliana e quasimodiana nel giusto temperamento musicale endecasillabico e pentasillabico.

ORESTE MACRÌ (1991)

II Bolero è la cospicua raccolta di uno dei critici letterari più attivi del nostro Novecento, nonché bilancio in poesia di una vita intellettuale tra le più fervide. Dall’ermetismo al simbolismo fino a un neo­classicismo e realismo in cui la bellezza della parola mutua in verità della realtà, l’autore percorre con misura esemplare l’accidentato territorio della poesia fatta strumento assoluto di conoscenza.

STEFANO LANUZZA (1991)

Sono liriche di una vivezza e incisività assolutamente inaspettate nel panorama della poesia contemporanea. Danno palpito alla realtà come Pasolini, come Ungaretti, con tocchi di lirismo alti, filtranti da strutture culturali meditate e da esperienze e scelte di vita impegnate e di lunga lena.

CORRADO CALABRÒ (1991)

Dalla poetica della parola si passa alla poetica dell’uomo. Gli avvenimenti incalzano e il poeta non può sottrarsi all’ansia postermetica del dire, si fa “civile”, “impegnato”, come l’ultimo Quasimodo, come Neruda. L’ultima sezione del Bolero si chiude con un’invettiva che tanto ricorda, per la commistione di ironia e drammaticità, il nerudiano “Incitamento al nixonicidio” e che è dedicata alla guerra del Golfo.

ANTONIO CATÀLFAMO (1992)

.. Sei tu il bolero è la vicenda in negativo, perdite e dolori, di un passato che riaffiora e vuole essere fermato per sempre, anzi inciso nel verso, cioè nel linguaggio necessario e assoluto della poesia. Si afferma in questi ultimi componimenti la struttura metrica composita, la ripresa della canzone classica, per esempio, al limite, leopardiana (quale sete di conversazione colloquiale e confidenziale filtrata dallo straniamento metrico e lessicale!), ovviamente rielaborata attraverso le più aeree lezioni dell’avanguardia storica novecentesca.

ETTORE MAZZALI (1993)

Scontato l’altissimo filologismo di Piromalli e il gusto stilistico-grammaticale che talora lo porta (in Sei tu il bolero) a un ripiegamento prosastico, pur di grande effetto comunque, nell’organico dell’atmosfera poematica (di TropicoNinna-nannaParole), tale formula di scavo moderno in incisivo linguaggio impreziosisce il clima espressivo e il simbolo memoriale delle altre poesie (…) Una poesia che sta nel quadro della contemporaneità come una delle cime più alte.

RENZO FRATTAROLO (1993)


Introduzione dell’autore: Realtà e poetica

(1991 – Introduzione di Antonio Piromalli a SEI TU IL BOLERO)

Questa raccolta deriva da due precedenti libri, da Poesie (Reggio Calabria 1945) e Poesie (Cittadella Veneta 1961, con prefazione di E. Mazzali), da una breve raccolta fuori commercio e senza titolo, da inediti dello stesso periodo, da qualche componimento (Lettera a Neda, Versi per ragazza di Romagna, Versi per ragazza giuliana) pubblicato sulla rivista «Ausonia» e (Elegia per ragazza padana) su «Contrappunto»: interamente inedita è l’ultima sezione.

I primi versi di questa raccolta sono nati dopo l’incontro con «Letteratura», «Corrente» e «Campo di Marte», con la civiltà letteraria dell’ermetismo. Erano gli ultimi anni Trenta, vissuti nel contrasto tra la potenza militare che sovrastava e la vita dimessa del popolo frastornato dalla roboanza imperialista (abitavo a Messina in una caserma-giardino, gli Orti della Maddalena). Il paesaggio era troppo seducente, echi del mare erano nella realtà e nei simboli, le colline erano chiostri di sogni, il risentimento politico e sociale si trasferiva nell’impegno lirico. La dimensione letteraria alta non consentiva indignazione morale, il sottile lavoro letterario permetteva di estraniare nel magismo la solitudine del paese calabrese di origine che risuonava di grevi passi di contadini, di cani rosicanti, di vecchie dagli occhi di serpi che inventavano presagi ed esorcismi. Era il paese di Fortunato Seminara. L’ermetismo forniva elegia, immagini di esilio e di patria perduta al tradimento della storia, cancellava i primi segni del classicismo scolastico ma rendeva inobliabile la nostalgia infusa da Quasimodo nelle sue traduzioni dal greco.

Quella prima cultura poetica aveva come sfondo un simbolismo un po’ magico di tradizione dannunziano-paradisiaca con rallentamenti che fermavano stupori, apparizioni, contemplazioni; la tradizione crepuscolare alquanto disfatta fermava gli indugi su un paesaggio e su un «eros» giovanile (chiome, veli, vesti femminili) sentiti in modo fresco e immediato. La formazione era avvenuta in una città, Messina, ricostruita (dopo il terremoto del 1908) in un ridimensionamento dello spessore civico, di limitata creatività, di eclettismo. Il meglio dell’ambiente urbanistico era l’estrosità del «liberty». In tale ambiente, dove era sorta la poesia simbolista, negli anni Trenta c’è una nuova fioritura di poesia con Salvatore Quasimodo, Vann’Antò, Giovanni Calabrò, Luciano Nicastro, Luca Pignato, di diversa e complessa formazione. Il simbolismo di chi scrive appartiene, invece, alla generazione che si incontra con l’ermetismo perdendo il tritume spiritualistico, misticheggiante, esoterico, scavalcando le evasioni nell’Ombra, nel Silenzio, nell’Ignoto, nell’Abisso: l’ermetismo fu forte impegno di carattere morale.
L’ambiente non era solamente il «liberty». C’era anche il porto con la darsena, il cantiere, i bastioni, le navi da guerra, i traghetti, i battelli, i rimorchiatori, le chiatte, i «caik», i «docks», l’immensa Dogana, le reti antisommergibili, i palloni frenati, durante la guerra, motivi che inducevano a registrare oggettive presenze, simboli montaliani di un tragico destino di impossibilità, di eventi incombenti. I luoghi e i tempi diventano miti della poesia ma quando i tradimenti della storia sono macerie quotidiane la poesia è nelle strade del mondo, i materiali cozzano con stridori di distacchi e nel mondo interiore si registrano i segni e le ferite. La letteratura sempre alta imponeva velature al dolore, schermi agli scherni e rendeva meno vera la verità. Il palischermo montaliano consentiva, però, di correre acque più perigliose e rugginose, di avere strumenti più idonei a numerare le perdite.
Vennero altri ambienti, Livorno, Ferrara, città diversamente popolari e amatissime. Ferrara: una civiltà del Novecento sentita attraverso Antonio Rinaldi, Claudio Varese, Mario Pinna, Bruno Cavallini, Agostino Buda e tanti altri e una militanza politica ardente. Fu anche l’incontro con le nebbie, col Po, con la Bassa delle lagune, con l’officina pittorica, col problema della corte Estense e del rapporto con la cultura, con uomini legati alla sua vita come Florestano Vancini, Mario Roffi, Franco Giovanelli, Renato Costetti, Adriano Piccolomini, ecc.
Seguirono i quasi due decenni a Rimini con dimore a Bologna, Caracas: sperimentalismo, neo-avanguardia non infransero l’ermetismo (un po’ simbolistico, un po’ classicizzato nella tecnica), nelle Poesie del 1961 Ettore Mazzali indicava le tracce linguistiche montaliane e “l’altro-da-Montale” e Ferruccio Ulivi l’influenza di Rilke. Composizioni di più vasta misura oltrepassavano anche strutturalmente — e negli accenti — l’unitonalità della prima raccolta, motivi di fratture non davano, più, spazio all’estenuazione musicale, il timbro era diverso nel quadro dei mutamenti gnoseologici ai quali il critico si volgeva con attenzione ai dialetti, alla cultura popolare, a quella delle regioni, al rapporto tra la Musa e la folla: l’Emilia e la Romagna (ma anche la società meridionale) offrivano campo alle nuove metodologie.
Dagli anni Settanta ad oggi la letteratura di massa ha moltiplicato i livelli letterari nonché le combinazioni artistiche. Al 1971 risale la mia amicizia con Ruggero Jacobbi, il più raffinato, completo conoscitore della cultura del Novecento, impegnato totalmente secondo le poetiche del surrealismo e dell’ermetismo. Ruggero entrò subito in un organismo didattico centrale del Ministero della Pubblica Istruzione da me diretto e abbiamo percorso l’Italia per aggiornare i docenti delle scuole medie superiori in anni di lavoro costruttivo. In memorabili dibattiti Ruggero indicò che la lirica non voleva essere più lirica, che era entrato — ed era un fatto morale, di libertà — un diluvio di irrazionalismo, di sperimentalismo, di neo-surrealismo, di sotterranea articolazione dello sfasciamento della sintassi e della lingua che derivavano — tardi, molto tardi — dal non avere saputo sviluppare il futurismo dall’interno e dal non avere avuto un surrealismo a tempo debito. Adesso esplodeva il bisogno di dire la verità più che di esprimere bellezza, di provocare l’abisso per non mascherarsi nei sentimenti equilibrati giustificati da una storicità che gli eventi travalicavano.
Il conflitto dialettico era questo e le nostre ultime poesie nascono anche dalla consapevolezza della frattura etica, sociale, culturale che abbiamo vissuto — con una guerra assurda e canagliesca — in questi ultimi mesi. Le parole vere sono gli strumenti nuovi, non quelli ripetitivi. Col pensiero rivolto a Ruggero Jacobbi — al cui ricordo questo discorso è dedicato, alla sua «avventura» nel Novecento di tutti i paesi — concludiamo ripetendo le parole con le quali egli chiudeva il Secondo Novecento: «E’ sempre il libro di domani, non quello d’oggi, a confermarci che ieri valeva la pena di provocarlo, di aiutarlo a nascere».

Roma, febbraio 1991

Antonio Piromalli


Dove trovare questo libro

Il volume risulta essere disponibile presso le biblioteche sotto elencate
(dal catalogo in rete del Servizio Bibliotecario Nazionale):

  • FC0011 – Biblioteca comunale Malatestiana – Cesena – FC
  • FC0028 – Biblioteca comunale – Gambettola – FC
  • FI0098 – Biblioteca nazionale centrale – Firenze – FI
  • MO0201 – Biblioteca del Laboratorio di poesia – Modena – MO
  • PU0204 – Biblioteca della Fondazione Bo per la letteratura europea moderna e contemporanea dell’Università degli studi di Urbino – PU
  • RA0036 – Biblioteca comunale Classense – Ravenna – RA
  • RM0267 – Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II – Roma – RM