E quali amici potrei avere se non voi,
rari, minoritari,
corrosi dal malore civile
con l'utopia nelle vene
e il diamante nel cervello,
sempre con la caldana, alla caldana,
sempre contro,
contro questa sporca vita,
sporca Italia, sporcato lavoro?
Erratici, statici, lunatici amici,
vene d'oro della inesauribile storia,
caparbi, emarginati,
vele rosse dell'epopea nel mare indifferente,
nel mare intento
dei cani artigliosi
sesterziati ruba-sesterzi,
mi avete dato sogni di voli di leoni,
voi la cui mente batteva come il cuore:
uno mi leggeva che la vita non s'inventa
al paralume color di rosa ma per le strade del mondo
nella passione dell'opera,
un altro mi avvertì della tiepida poltiglia
del melodramma della sporca Italia,
un altro (tra carcere e persecuzioni)
vi collegò tutti, amici, e morì povero,
solo in una stanza di via Moscova a Milano,
un altro che come aquila vola
strappò il poeta ai salmodianti dell'idillio
e gli restituì midollo di leone
(ora vive solitario, ora che i rozzi europeisti
vomitano parole integrate cortigiane
della volontà di potenza)
e altri, tanti altri, traditi,
guardano nell'abisso profondo
e lanciano stelle
nell'empio ghiacciaio dove regnano,
in immensa lalia
gli spettri blasonati.
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