Dalla testimonianza scritta nel 1990 dalla compianta Lorenza M. Meletti, "ex corsista, divenuta amica", si riporta la parte su:

"Piromalli e Jacobbi, maestri, autori, uomini"

 

da: Come un lascito oscuro e delicato…
di Lorenza M. Meletti, Studi in onore di Antonio Piromalli,
E.S.I., Napoli, 1993 - Vol. I, pp. 230-231

 

Un volume di Piromalli (1) – o più di uno? ma ci sono casi in cui il numero è ininfluente - è dedicato a Ruggero Jacobbi, a riprova di un rapporto profondo, consolidato dall'affinità, oltre che dalla diuturna consuetudine culturale. Quell'affinità per cui il dominus di questo spazio ha scelto e deciso di viverci “con l'amico estinto”: qui ricordato, accomunato generosamente quanto meritatamente. E spiace – almeno, a me spiace – notare come le occasioni ufficiali, poche rispetto al valore di Jacobbi ma oggettivamente importanti, non abbiano conservato traccia, traccia bibliografica intendo, nei programmi e negli atti dei convegni, di questa solida, virile amicizia.
Fra i due correvano – più asciutto Piromalli, forse più disincantato; più affabulatorio Jacobbi – analogie di fondo, di sostanza.
Per esempio il fatto che anche le loro meno impegnate osservazioni avessero l'eleganza, la puntualità, l'eticità di interventi ; e figuriamoci, allora, se il lavoro di uomini così possa mai essere “minore”, figuriamoci se essi possano esimersi anche una sola volta dal rendere testimonianza.
“Ermetismo non vuol dire evasione: vuol proprio dire battaglia contro l'evasione e l'accademismo in nome di una ritrovata intimità dell'uomo: di quell'oscuro intrico di persona e cultura, fisicità e storicità…”. Sto citando da un libretto d'un centinaio di pagine (2) formato cartolina, in cui Jacobbi, da semplice curatore (per quanto scrupoloso) in spirito di servizio, dopo alcune righe di apertura già si defilava; ma in quelle poche righe c'era la stessa perentorietà delle grandi bacchette direttoriali, che fin dall'attacco fan sentire il polso, e la ricchezza, appunto, di quei grandi temi musicali che alla quarta battuta hanno già preannunciato tutta la loro agile e ricca tessitura (…).

Jacobbi “maestro”: lo si intuiva in sintonia con i nostri entusiasmi e slanci vitali, vagamente irritato, a momenti, dalla nostra ignoranza e sgangheratezza, condizionate l'una e l'altra con bastevole evidenza anche dalle tensioni e ambiguità politiche dell'ora; ma non permise mai al suo aristocratico temperamento di prevalere sul rigore morale. Era lì per insegnare e non per giudicare; quindi non giudicava ma insegnava. Senza sforzo apparente, anche col tono della voce o il gesto, anche per la strada, parlando della sua vita non facile ed unica; con un moto di stizza – autentico – ed uno sbadiglio – finto – aveva già espresso fino in fondo un giudizio di valore, e perciò impartiva una lezione.
Poi sarebbe venuta, come dicevo, la svolta di anni, e forse di ministri, sparagnini; e sarebbero ricominciate le seduzioni del torpore, questa volta aggravate anche da una mal contenuta tentazione di benessere: tutto era “culturale”, bastava andare in centro alla Sala +++, o al Circolo sotto casa, o a qualcuno dei tanti Festival o cineforum…
Ma per noi della Secondaria fu una lunga eclisse.

Piromalli e Jacobbi: maestri, autori, uomini.

 

NOTE:

 

- (1) A. Piromalli, Guido da Verona, Napoli, Guida, 1975

- (2) R. Jacobbi, Secondo Novecento, Milano, Accademia, 1965

 

---> Alla parte iniziale di: Come un lascito oscuro e delicato…
di Lorenza M. Meletti, Studi in onore di Antonio Piromalli,
E.S.I., Napoli, 1993 - Vol. I, pp. 222-228