LA RAGAZZA DI FERRARA
Roma, All’Insegna dell’Occhiale, 1997
Collana di “Letteratura come amicizia”
Edizione non venale: plaquette in 200 esemplari numerati pro manuscripto ad personam
ESAURITO
Contenuti in questa pagina
Indice del volume
p. 5 — Il nome ignoto (poesia)
p. 6 — Solo io ti ricordo
p. 8 — I.
p. 9 — II.
p. 10 – III.
p. 13 – IV.
p. 14 – V.
p. 16 – VI.
p. 18 – VII.
p. 20 – VIII.
p. 23 – IX.
p. 25 – X.
p. 27 – XI.
p. 28 – XII.
p. 29 – XIII.
p. 31 – Note
Note critiche
Un ideale di stile basato su una ferma prospettiva etico-estetica, che sa conciliare alla perfezione il virtuosismo della scolastica con il vitale naturalismo umanistico, ed in cui coincidono magicamente scienza ed eloquenza, fantasia e ragione, folgorante stupore e cauto sensismo.
FRANCESCO DE NAPOLI (2004)
E’ una prosa immersa in una avvolgente atmosfera di poesia e ripropone l’incanto, anzi l’incantesimo, della nostra via dei Piopponi. (..) Una creatura reale, ma nel contempo di sogno, eterea, immortale.
GIACOMO SAVIOLI (2003)
La ragazza di Ferrara presentata e commentata da Giuseppe Muscardini:
“Antonio Piromalli e la ragazza dell’evanescenza”
di Giuseppe Muscardini
«Letteratura & Società», n. 17-18 / 2004
Chi si è occupato di Ludovico Ariosto potrà comprendere pienamente il valore della discrezione, vissuta come capacità di elaborare immagini, visioni e fantasie nell’invidiabile quiete domestica. Quiete che favorisce, specie se nella città dell’Ariosto si vive, l’insorgere di memorie e rimembranze non sempre ovvie e talvolta inattese. È quanto accadde ad Antonio Piromalli, che nell’autunno della vita volle coltivare l’antico affetto per la città estense e per le personalità cui si affiancò nel promuovere cultura (1).
A Ferrara Antonio Piromalli approdò come insegnante nell’immediato dopoguerra, negli anni della ricostruzione morale del Paese. Forte degli insegnamenti ricevuti da Luigi Russo nel periodo degli studi universitari, vi approdò con l’animo carico di passione civile, iniziando subito a frequentare gli ambienti politici e culturali ferraresi (2). La sua firma compare decisa nei registri delle presenze di Casa Ariosto, accanto alla data del 15 settembre 1947: affascinato dalla parva domus di Contrada del Mirasole, dove l’Ariosto trascorse gli ultimi anni di vita a correggere il Furioso in vista dell’edizione definitiva del 1532, Antonio Piromalli concepì nei luoghi ariosteschi il primo germe de La cultura a Ferrara al tempo di Ludovico Ariosto e degli studi successivi (3).
Ma in età senile, quando il critico calabrese si vide giunto in quella parte della vita in cui conviene «calar le vele e raccoglier le sarte», traendo i bilanci di un’esistenza nel suo caso densa di eventi, di entusiasmo e di fervore intellettuale, Ferrara dispensò un’emozione inaspettata. La carne che tramonta, il corpo più vulnerabile, l’avanzare dell’età, furono le cause di un episodio critico, come di frequente avviene negli uomini piegati dal tempo e dall’esperienza: durante una lezione all’Università di Cassino, Piromalli perse i sensi e si accasciò davanti agli studenti allarmati. Diagnosticata una cardiopatia, gli furono praticate le cure necessarie e in breve tempo si ristabilì. Raccontava negli ultimi anni che durante lo stato di incoscienza, di dormiveglia, nel sopore innaturale procurato dai farmaci, aveva un sogno ricorrente: una giovane ragazza con la bicicletta condotta a mano vagava in fondo al verdeggiante Corso Ercole I d’Este a Ferrara. La mente tornava inspiegabilmente agli anni ferraresi, e come d’incanto faceva affiorare fatti e persone dimenticate. La ragazza era senza nome, e senza nome restò, anche quando il ricordo si fece via via più definito: era lei che all’epoca accompagnava i pochi turisti a visitare le tombe degli Estensi, nel giardino incolto di un’abitazione privata in Corso Ercole I d’Este (4).
Scriveva Antonio Piromalli a proposito della ragazza che popolava i suoi sogni: «in Sogno apparsa su “Pagine Lepine” (5), parlo di una casa-villa in fondo a Via Ercole d’Este: quando io abitavo a Ferrara (dal 1946) la casa era di un ingegnere Boari ed era custodita dalla famiglia di una ragazza della quale parlo nella poesia e in una nota su Sateriale e altrove; si potrebbe arrivare a sapere come si chiamava?» (6).
Per dare un nome alla ragazza di Ferrara Piromalli aveva in animo di percorrere diverse strade. C’era la poesia, la cui dimensione evocativa poteva concorrere a sciogliere misteri antichi, tentativo espresso nella raccolta poetica intitolata Da un’altra stanza, dove si legge testualmente: «mi parve di avere pace anche in quest’altra casa che era un’isola, pace come quando vedevo la ragazza dalla bocca quadrangolare della quale non ricordo il nome e che chiamo Zoia: custodiva una villa tra medioevo e liberty che conteneva le tombe degli Estensi; nella sera di viola intenso che scendeva tra due filari di pioppi Zoia veniva con la bicicletta, nell’aria umida, usciva dalla corteccia dei pioppi, dal viridame dell’erba, dai mattoni dei rampari; perché temeva di entrarmi nell’anima come l’uligine?» (7).
E c’erano gli amici ferraresi, che condussero non senza entusiasmo ricerche in loco per assegnare un nome alla ragazza. Parve per qualche tempo di poter individuare nella persona di Elita Boari, anziana figlia di Adamo Boari ancora vivente nella capitale, la misteriosa ragazza di Ferrara che attendeva ogni sera alla fine di Via Piopponi il passaggio del giovane professore. Gli amici ferraresi indicarono la possibile identità della ragazza di Ferrara a Piromalli, che da Roma entrò subito in contatto con Elita Boari. Ma le attese andarono deluse, perché l’anziana signora ricordava le tombe degli Estensi, di cui peraltro conservava ancora qualche cimelio – chiave e serrature –, ma non ricordava di avere mai scortato turisti occasionali a visitarle nell’area cortiliva dell’abitazione acquistata dal padre.
Di lì a poco uscì a Roma un volumetto intitolato La ragazza di Ferrara (8), dove Piromalli procedeva senza sosta nella ricerca e nell’intima ricostruzione di quel periodo lontano, avanzando l’ipotesi che la denominata Zoia potesse essere all’epoca la figlia del custode della Palazzina degli Angeli. Ma anche questa supposizione cadde, poiché i custodi della villa erano menzionati nelle molte guide della città solo da Donato Zaccarini in un testo intitolato Passeggiate artistiche attraverso Ferrara, che però datava 1918, quindi trent’anni prima dei fatti.
Fallito ogni tentativo di dare un nome alla giovane donna, si è portati a pensare – o come ferraresi lo si vorrebbe – che nella percezione poetica ed evocativa di Piromalli, la ragazza potesse liricamente incarnare Ferrara, così come D’Annunzio seppe dare fisionomia alla città nei celebri versi «O deserta bellezza di Ferrara / ti loderò come si loda il volto / di colei che sul nostro cuor s’inclina / per avere pace di sue felicità lontane». Non v’è dubbio infatti che il ricordo e il verso, a tratti taglienti e a tratti melici, anche nello studioso calabrese sottendono all’implicita attrazione per la civiltà estense, di cui fu sempre attento e puntuale osservatore (9).
L’amicizia di Antonio Piromalli per Bruno Cavallini – che tanta parte ha avuto nella formazione culturale di Vittorio Sgarbi (10)– e per altri studiosi e intellettuali, ferraresi o operanti a Ferrara, quali Lorenza Meletti, Romeo Sgarbanti, Giuseppe Inzerillo, Mario Roffi, Franco Giovanelli, Giuseppe Miraglia, Lanfranco Caretti, Agostino Buda, Mario Pinna, Italo Marighelli, Florestano Vancini, Luciano Capra, Claudio Varese, Pasquale Modestino, e da ultimo anche chi scrive – in più modesta misura per ovvie ragioni anagrafiche – impone una riflessione in tal senso. A qualche mese dalla scomparsa, oggi lo studioso si attesta indiscutibilmente come un amante di Ferrara nel senso più autentico e più dannunziano (11), un amante fedele mosso da affetto e devozione per la città, attorniato da uno stuolo grande di amici ferraresi che gli riconoscevano piena onestà intellettuale. Piromalli seppe contraccambiare evocando la figura di Madonna Ferrara, nei panni di una giovane donna senza nome che restò ad attenderlo per sempre alla fine di una strada lunga e alberata.
NOTE
– (1) – Sul periodo ferrarese di Antonio Piromalli e sulla frequentazione degli amici cui si legò, cfr. Il lavoro critico, il magistero, gli scritti. Studi in onore di Antonio Piromalli, a cura di Toni Iermano, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993; A. Piromalli, Ricordo di studiosi di letteratura scomparsi, in «Confronto», 5, 1998, p. 3; e ancora, A. Piromalli, Elementi per una autobiografia, in «Confronto», 11, 2002, p. 3.
– (2) – Fu proprio nel 1946, nel corso dell’inaugurazione di un circolo culturale ferrarese intitolato ad Antonio Gramsci, che l’ironico Luigi Russo, invitato a Ferrara per l’occasione, annunciò la nascita di una rivista coraggiosa e “luciferina”, ispirata alle malefatte di Belfagor, l’arcidiavolo nato dalla penna di Machiavelli: cfr. A. Piromalli, Riviste, in «Confronto», 6, 1998, p. 3.
– (3) – A. Piromalli, La cultura a Ferrara al tempo di Ludovico Ariosto, Firenze, La Nuova Italia, 1953; Motivi e forme della poesia di Ludovico Ariosto, Messina, D’Anna, 1954; Società ferrarese e mondo morale dal Pistoia all’Ariosto, in «Italianistica», 3, 1974, pp. 606-618. Sulla visita di Piromalli a Casa Ariosto in data 15 settembre 1947, si rimanda a G. Muscardini, Firme illustri nei registri di Casa Ariosto, in Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara, vol. 78, aa. 178 (2000-2001), pp. 210-211.
– (4) – Con spiccato senso civico Piromalli aveva denunciato lo stato di abbandono in cui si trovavano all’epoca le tombe estensi. Cfr. A. Piromalli, Le tombe degli Estensi, abbandonate all’incuria, richiedono di essere restaurate, in «Gazzetta Padana», 6 e 7 ottobre 1948.
– (5) – Cfr. A. Piromalli, Sogno, in «Pagine Lepine», I, 1995, 2, pp. 10-12. La pubblicazione della lirica di Piromalli è opportunamente segnalata da A. Rossi, Fonti bibliografiche delle “Pagine lepine”, in Cultura e attualità nelle “Pagine lepine”, Atti del Convegno a due anni di attività della rivista (Supino, 24 novembre 1996), a cura di Dante Cerilli, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1997, p. 90.
– (6) – Lettera da Roma datata 16/VI/1996; Ferrara, archivio privato.
– (7) – A. Piromalli, Da un’altra stanza, Torino, Genesi Editrice, 1996, p. 58.
– (8) – A. Piromalli, La ragazza di Ferrara, Roma, All’insegna dell’Occhiale, 1997.
– (9) – Una istintiva riflessione viene avanti tra il vorticare delle immagini poetiche mosse da Piromalli. «Aver pace» è l’espressione usata nella raccolta Da un’altra stanza, espressione intensa e di sicuro effetto se comparata ai versi dannunziani di Ferrara, dove si ritrova curiosamente la stessa occorrenza: «per aver pace di sue felicità lontane». L’espressione diviene addirittura inquietante nel raffronto con l’analoga occorrenza dantesca presente nel V Canto dell’Inferno, quando Francesca spiega di essere nata a Rimini, davanti a quella «marina» (l’Adriatico) in cui il Po sfocia «per aver pace co’ seguaci sui», alludendo agli affluenti del grande fiume. Rimini come Ferrara, dunque, terra sanguigna e generosa in cui l’animo si placa, altro sfondo padano caro a Piromalli.
– (10) – Antonio Piromalli era presente quando Vittorio Sgarbi, il 12 dicembre 1974, discusse con Carlo Volpe la propria tesi di Laurea presso l’Università di Bologna. Cfr. Come si diventa Vittorio Sgarbi. Autobiografia di un sottosegretario, in «Vernissage», 20 ottobre 2001, p. 7.
– (11) – Sulle suggestioni dannunziane legate alla città di Ferrara, si rinvia a L. Quattrocchi, D’Annunzio e Ferrara, città del silenzio, in F. Quilici-L. Tamagnini, Ferrara dentro, Roma, Olmo Edizioni, 1996, e al recente contributo di G. Muscardini, Modi di quiete e di silenzio della «Ferrara» ‘lodata’ da D’Annunzio, in «Italianistica», 1, 2002, pp. 85-92.
Dove trovare questo libro
Il volume risulta essere disponibile presso le biblioteche sotto elencate
(dal catalogo in rete del Servizio Bibliotecario Nazionale):
- FE0017 – Biblioteca comunale Ariostea – Ferrara – FE