Forlì, Forum-Quinta Generazione, 1991 – collana “Assemblage”

ESAURITO


Indice del volume 

p. 5 – Presentazione, di Ninnj Di Stefano Busà

ELEGIE PER NEDA
p. 15 – Luce d’oro
p. 16 -Neda
p. 17 – Giovinezza
p. 18 – Essere intatto, essere solo
p. 20 – Fantasia – I.
p. 21 – Fantasia – II. – III.

I RULLI DEI TAMBURI
p. 27 – In coperta
p. 29 – Istmo
p. 30 – Ottobre in Romagna
p. 31 – Romagna
p. 33 – Amici
p. 35 – Adolescenza
p. 37 – Che importa
p. 38 – Sogno surreale
p. 41 – Bassa marea

DA CUMULI DI CENERE E TIFONI
p. 47 – A se stesso
p. 48 – Maria – I.
p. 49 – Maria – II.
p. 50 – Maria – III. – IV.


Note critiche

Questo più recente libro è ricco di tutte le gamme e le nuances del sentire, dai raffinatissimi “occhi di pietra azzurra” di Luce d’oro agli “erratici, statici, (…) vene d’oro della inesauribile storia” di Amici. Per non dire degli “spettri blasonati”; avverso i quali sono così coinvolto. Mai forse più che nel presente italiano la poesia fu “Resistenza”.

ROMANO ROMANI (1993)

 

Le liriche recenti di Ti estraggo dai tifoni sono sogni, incubi, visioni che consentono a Piromalli di creare impressionanti scenari e collocarvi i colpevoli di violenza, avidità, tradimento, ignavia, la deformazione di cui si serve non è solo di tipo surreale ma anche barocco ed espressionistico. È un libro che contiene la sola vera poesia civile composta in Italia in questi ultimi anni.

GERARDO VACANA (1994)

 

..Piromalli ha messo appena sullo sfondo il suo patrimonio di studioso, lo ha utilizzato per riverberi, in modo che non dovesse inficiare o condizionare la sua poesia (…) rileggere i suoi versi non è come entrare in una casa arciconosciuta ma in una dimora sempre nuova e affascinante nella quale contano i soprassalti, le illusioni, i palpiti mai sopiti di un’anima.

DANTE MAFFIA (1994)

 

Nel suo lungo percorso Piromalli ha tenuto quasi ostinatamente fede a un linguaggio lineare: anche in questi “tifoni” di guerra, di armi (baionette, bombe a mano, Spitfire), di morte, richiamati alla memoria dopo tanto tempo. (..) Raramente ho letto una sintesi così abbreviata di amore-vita-morte.

ALDO DRAMIS (1993)


Presentazione (Ninnj Di Stefano Busà)

 

Nel ritmo percussore di uno strumento personalissimo, accordato ad atmosfere crepuscolari e ad assoli lirici molto alti, Piromalli sa individuare la maturazione delle sue strutture letterarie, nelle quali si avverte un discorso culturale esperito in anni di annotazioni postermetiche, raccolto nel chiuso di risolvimenti programmati e tradotti in confessione traboccante e sincera.
Piromalli non si traveste mai da ermetico, il suo empito lirico è realmente avvertito e sboccia dalle polveri endemiche di una (ir)realtà frastornata e coagulata in ascendenze liriche di sintesi, ricollegabili tutte alla lunga militanza nel campo delle lettere.
Vi si riscontra, nel verso, un fine e acceso rifiorire di volute aeree, di trine vellutate in suggestivo panorama di distacchi e di ritorni, ma anche un rapido inventario che annota e sottende un’impronta emotiva tra le più magiche. Un lirismo acuto e penetrante s’impossessa di un diarismo autentico della memoria e scava nei meandri più oscuri, alla ricerca di parcellizzate scaglie, schegge di ricordi, o qualsivoglia scoria incenerita ma non fossile che ancora vi lampeggia.
Una proiezione intima che, pur sollecitata dal flusso provocatorio del sentimento, sa stendere elegiacamente in area rarefatta un velo di cadenze risolte. Lo stile, già elegante e trasalente di forme trasfigurate in limine di sogno, tocca toni alti nel nitore deciso e traboccante di formule meliche.
Una poesia felicemente improntata ad esperienze di guerra, vissute in prima persona, rievoca in una forma di – passato prossimo – la trama di taluni avvenimenti e nondimeno, se le immagini vogliano memorie aspre di sangue, la scarnificazione del ritmo si fa serrato e ritorna nella cadenza malinconica e virile della riflessione asprigna, del dolore che impegna la coscienza a ricomporre l’evento nel suo alveo storico:

“E tu pure eri il giovane che travalicava le cose,
il rio presso il quale giacevi
dormivi con una bomba nella mano e la baionetta nell’altra
la guerra:
tra coltri d’azzurro
andavi più in alto degli Spitfire
e dall’alto guardavi
le tue spoglie grigio-verdi
e di tanti, tanti, tanti altri derelitti
(non li difendeva il fucile)
crocefissi sulla terra.” ( A sé stesso , pag. 47
)

Nelle chiuse cantabili del suo progetto lirico, egli poi espone brandelli di sentimento per una donna, e con mano rapida e delicata trascrive:

“Luce d’oro ondulava tra le cime
dei monti e tu venivi nella sera,
fresca come l’uligine
e ora che i giorni sono lievi
pagine d’aria e luce te rivedo:
i fermi
occhi di pietra azzurra, ecco, ti smaga
il vento che ripete
il suono delle fronde in cui settembre
con la pioggia sottile ride e canta.” ( Luce d’oro , pag. 15)

Lievitate e morbide tonalità cromatiche puntualizzano l’essenzialità di poche parole con un’intensità di vasto afflato cosmico.
La segreta aspirazione a fare della vicenda personale una significazione di essenza vitale col creato, coi venti e con la pioggia, sollecita il poeta a particolari degni di un palpitante lirismo al quale confluisce la bellezza lieve e trepidante dell’immancabile elemento paesaggistico.
Tutto odora di fermenti e di effluvi, tutto appare nel poeta come suggestione feconda di adolescenziali pudori e tremori: un dismagare tenero, una malinconia sottile e struggente che s’avviluppa di bagliori improvvisi e, attraverso la memoria intatta, sa restituire al lettore l’impeto dell’accesa giovinezza.
Questa raccolta, che degnamente ha meritato il Premio Editoriale Lineacultura 93, volge verso una dimensione di capacità artistiche rilevanti, risultando l’esito di una ricerca che si trasfigura in una ispirazione raffinata ma articolata ad una unicità tematica di significazione moderna.
Vi si riscontra spesso un razionalismo intellettuale dentro una risultante rigorosamente caratterizzata da stilemi maturi, che giocano su una gamma di simboli, di inquieti richiami, volti ad una malinconia sensuale, che è la chiave ermeneutica di una morfologia suggestiva e intrigante, per quel dipanarsi di leggere e luminose fluorescenze nei congegni espressivi di un romantico trasalimento, congeniale al Piromalli, insieme casto e sensuale, sinuoso, eppure lieve del suo canto:

“Giorni d’oro che amai
– o sorrisi di prati e di marine! –
come il mondo e me stesso,
come i cieli profondi
e che forse
non godrò più mai… ” ( Giovinezza , pag. 17)

E insidia il cuore un vagheggiamento, una sorta di distacco nell’atteggiamento che razionalizza ma confessa, nel contempo, un flash di lirismo acceso e traboccante di amare risonanze, esperite da mano esperta e da ombreggiature di ricordi ancora fervidi e tradotti in fiorite di blandissima osmòsi, senza eccessi, con quel tanto di inequivocabile pathos che tutta la poesia di Piromalli illumina, a guisa di stemperata intuizione di luoghi e di sensi, entro una fisionomia che colloca le parole in estasi di suoni e di ritmi sinfoniali.
Un sillogismo lirico profondamente traslucido risuona da quest’ultimo esempio, che gradatamente va combaciando l’avvenente bellezza dello sfondo ad una lieve cadenza montaliana. Una scrittura che incarna e risolve in volute e trascoloramenti i bagliori sublimi seppure opalescenti di una ricognizione serena e virile, pur nella sua improvvisa stemperanza.
Tra le ascendenze vagamente vicine alla realtà del Piromalli, sentiamo più prossime alle tastiere montaliane le note dell’autore:

“Essere intatto, essere solo:
non tra i giardini estensi
su cui gravano figure conosciute
ma, oltre questa vita del tempo,
io sia come un filo che non comincia
e non finisce.” ( Essere intatto, essere solo, pag. 18)

Vi è nella poetica di Piromalli un attimo occulto di sentimento e quell’ ondeggiamento di sfumature trasalenti, ad andamento luminoso e articolato che fanno del suo verso l’elemento dominante di una reverie inebriante, una immobilità panica, carica d’ineffabili misteri, di straordinarie e tardive memorie, un languore di luce trasognata e trasognante, un paesaggio incarnato nella misura del tempo, che lo incide e lo attenua in quei movimenti traslucidi di adolescenziali aromi.
Di tanto in tanto, si ravvisano neologismi che danno coloriture al groviglio emozionale: sfaglia rabbrusca ulivigna uligine ; tutti predisponenti ad un’andatura sottesa a squisite sottigliezze umorali, coinvolgenti a quell’aura di inesausto prodigio verbale:

…”il breve e il grande tempo tacevano
nell’albore del tuo cuore,
anche le nebbie rifluivano
dalle glauche colline.” (Ottobre in Romagna, 1990, pag. 30)

Vi trema dentro i versi di Antonio Piromalli un indicibile transfert panico, una lama affilata e tagliente sembra passare lo slancio fecondante della vicenda personale per attestarsi a lucore d’infinito, ad ansia cosmica che trascolora in una freschezza descrittiva i riferimenti pregnanti dello scenario lirico:

“Adesso afferri la metamorfosi della creazione
ma battono le virgole del cuore, sfiorano la mia forma
con altro vento: come quando per dare sembianza
di te leggevi e mi parlavi da un’altra stanza.” ( Maria , pag.48)

Coaguli, ascendenze, endiadi, metafore, ipotiposi sono tradotti dall’autore in una calda annotazione di razionalità poetica. La confessione ondeggia a fior di penna, accende emozioni, diarismi e linee private; ma sempre s’inserisce in un dato di fondo che realizzi la vera poesia nell’orbita creativa di un magismo sincronico, improntato alla grazia di un particolarismo, che fa di questa voce una delle più moderne del dibattito culturale e letterario nazionale, tra le migliori che si offrono sulla scena di quest’ultimo ventennio.

 

Ninnj Di Stefano Busà

 


Dove trovare questo libro

Il volume risulta essere disponibile presso le biblioteche sotto elencate
(dal catalogo in rete del Servizio Bibliotecario Nazionale):

  • RN0013 – Biblioteca civica Gambalunga – Rimini – RN
  • LE0051 Biblioteca Comunale – Cursi – LE